“A tutti quelli che entreranno in quella Chiesa dico che invece di guardare sopra in quel luogo sporco e scuro dove è stata nascosta mia figlia, dovranno guardare a terra perché dovranno vedere dove mettono i piedi. Lì a terra c’è il sangue di una ragazza di 15 anni. Andate a visitare quel museo degli orrori. Entrassero, vi benedico tutti!” ma i toni sono duri e non potrebbe essere diversamente per una madre che ha visto la propria figlia entrare in Chiesa e uscirne morta, dopo 17 anni. Ieri, Filomena e Gildo Claps sono stati ospiti del programma Chi L’ha visto che ha aperto la nuova stagione con uno dei casi più inquietanti degli ultimi anni e di cui in questi giorni ricorre il 30ennale. Lo ricordiamo, Elisa Claps era una ragazza appena 16enne che una domenica mattina uscì di casa, a Potenza per andare in Chiesa, a pochi passi dalla sua abitazione nel cuore della città e non ne è mai più uscita viva. Il suo corpo è rimasto per 17 anni nella chiesa della Santissima Trinità in cui è stato ritrovato il 17 marzo del 2010 durante dei lavori di ristrutturazione. Per il suo omicidio è stato condannato Danilo Restivo e ad arrestarlo non sono state le autorità italiane ma inglesi perché l’uomo, che dopo l’omicidio di Elisa si era rifugiato nel Regno Unito, lì ha ucciso la sua vicina di casa ed è sospettato anche per un altro omicidio.
Danilo, noto stalker e con evidenti disturbi che lo hanno reso protagonista in quegli anni e sin da ragazzino di episodi che erano ben noti agli inquirenti della procura di Potenza, in quella Chiesa ha ucciso Elisa che aveva scelto, per via della sua indole altruista ed empatica, di cedere alle insistenti richieste di quel ragazzo così strano ed emarginato da tutti. Che i due si incontrarono in Chiesa fu lo stesso Restivo ad ammetterlo, durante il processo, quando disse:
“Alla Trinità ho incontrato Elisa, era da sola e mi ha invitato a entrare in chiesa perché dovevo parlarle. L’ho portata dietro all’altare dove c’è l’organo, io mi sono seduto, sono entrato nella canonica e mi sono seduto con lei davanti alla tenda, vicino all’ufficio del parroco”. Quel parroco è don Mimì Sabia, è scomparso nel 2008 ed ha portato con sé il mistero sulla morte di Elisa che in molti ritengono lui conoscesse, in primis la madre della ragazza. “Io ho cercato di incontrare don Mimì dopo la scomparsa, lo fermai e gli chiesi cosa fosse successo lì dentro e di parlarmi di Danilo. Lui non mi fece neanche finire la frase e mi disse: non conoscevo Elisa e non conosco Danilo. Lo presi di petto e gli chiesi perché parlasse al passato di mia figlia, come se fosse morta. Lui sapeva qualcosa e la sapeva benissimo: la verità”.
Don Mimì conosceva Restivo con cui fu fotografato abbracciato in occasione del 18esimo del ragazzo e già questo farebbe pensare. E un bottone rosso porpora fu ritrovato vicino al corpo della ragazza in corrispondenza del posto in cui giaceva la salma. A chi appartenesse non si è mai saputo ma tra gli inquirenti si fece spazio l’idea che potesse essere caduto da un abito talare e fu proprio Federica Sciarelli a mandare in onda nel 2010, durante una puntata di Chi l’ha visto una foto di don Mimì in cui il parroco aveva l’abito con un bottone mancante. Ma restano soltanto ipotesi mai verificate come non è chiaro, ad oggi, chi abbia sepolto il corpo di Elisa in quella chiesa, perché invece è certo non sia stato Restivo che pochi minuti dopo era già al Pronto Soccorso per curare una ferita da taglio alla mano. Ciò che è certo è che il la comunità ecclesiale della Trinità è stata costretta a costituirsi parte Civile durante il processo Claps perché i giudici ne hanno condannato la condotta, avendo il parroco sempre negato agli inquirenti l’autorizzazione all’accesso per fare dei sopralluoghi.
Ieri, sulla riapertura della Trinità si è espresso chiaramente anche il fratello della ragazza: “Sono ladri di verità – ha tuonato Gildo Claps – come lo sono stati in tutti questi anni. Avevamo chiesto che prima di riaprirla che ci fosse un’ammissione di responsabilità per i troppi silenzi e le omissioni che ci sono state prima del ritrovamento, per non parlare di ciò che c’è stato dopo. Mi conforta la percezione avuta ieri davanti a quella chiesa perché c’erano tanti ragazzi con noi. Per la prima volta la stella di Elisa ha brillato e non in quella chiesa che per me resta una tomba e le tombe restano chiuse”.
E proprio durante quella marcia per Elisa, di pochi giorni fa, in occasione dei 30 anni dalla sua morte, un uomo si è fatto largo tra la folla e ha gridato più volte e a gran voce: “Io in questa Chiesa sono stato abusato e oggi ho il coraggio di dirlo, l’ho tenuto per me perché mi è stato imposto dalla cultura di quel tempo”.