In un'intervista al quotidiano Repubblica mostra tutto il suo dispiacere per il nuovo vento che ha travolto Viale Mazzini: "Come spettatore posso dire che fatico a riconoscere il servizio pubblico. E come me tanti di quelli che incrocio e mi chiedono: ma che cosa sta succedendo?"
“Persino nella Rai berlusconiana, pur fra mille difficoltà, era stato conservato uno spazio per un pensiero diverso da quello della maggioranza di governo. Ora noto un appiattimento, che anche a giudicare dai primi dati sugli ascolti, non fa bene al servizio pubblico”, parola di Maurizio Mannoni. Il giornalista, volto del servizio pubblico per quasi quarant’anni e storico conduttore di “Linea Notte“, programma ora affidato a Monica Giandotti, è in ferie forzate in attesa della pensione che arriverà fra qualche mese.
In un’intervista al quotidiano Repubblica mostra tutto il suo dispiacere per il nuovo vento che ha travolto Viale Mazzini: “Come spettatore posso dire che fatico a riconoscere il servizio pubblico. E come me tanti di quelli che incrocio e mi chiedono: ma che cosa sta succedendo?”. Pur sottolineando la necessità di concedere tempo ai nuovi entrati, il giornalista ha toccato con mano “la delusione, la disaffezione di una fetta consistente del pubblico“.
Una crisi, se così si può dire, iniziata da qualche tempo: “Un processo che non è cominciato adesso, ma che i vertici attuali mi pare abbiano aggravato. La fidelizzazione è un’operazione lunga e complessa: troncare di netto con conduttori e programmi che avevano una loro identità, un seguito, un certo appeal può sembrare facile — togli un po’ di roba che c’era prima e ne metti un’altra, badando solo alla fedeltà politica — ma rischi moltissimo”, ha spiegato Mannoni. Cambiamenti che hanno intaccato l’identità delle reti dell’azienda, ormai vicina al monocolore: “Prima nel bene e nel male alcuni spazi venivano preservati: Rai3, anche nell’epoca berlusconiana, ha continuato a esistere pur fra mille difficoltà. Ora invece cosa resta? Sì, c’è il Tg3 che continua ad avere una linea e autonomia, ma poi poco altro”, ribadisce lo storico volto di Rai3.
“Se tu non offri più un prodotto interessante per una fetta di pubblico, che fra l’altro è quello più legato alla Rai, e questo pubblico trasmigra altrove, è un problema”, spiega il giornalista riferendosi al cambiamento radicale della terza rete: “Una parte di Rai3 non esiste più. In generale mi sembra estinto il modo di raccontare la realtà che per molti anni ha caratterizzato il servizio pubblico. Il quale ha il dovere di offrire un’alternativa allo spettatore, la possibilità di ascoltare le vicende quotidiane — a partire dalla politica — con diverse sfaccettature, culture, modi di ragionare e di pensare. Il tentativo di uniformare la televisione a un pensiero unico era già iniziato e adesso è stato completato”.
Mannoni “salva” Mentana, Floris o anche Porro e Vespa concludendo con una riflessione sullo stato attuale del servizio pubblico: “Si può anche cambiare, a patto di offrire una nuova narrazione con lo stesso appeal e risultati: se la gente ti guarda meno forse quella che proponi è ritenuta insufficiente e distorta. Fossi in loro, qualche domanda sulle scelte fatte per allineare la Rai alla maggioranza di governo, me la farei”.