L’epoca del caffè, di qualità e a basso prezzo, potrebbe essersi chiusa per sempre. E il motivo sono le spese sempre più grandi che i produttori dovranno sostenere a causa dell’impatto del cambiamento climatico, che si ripercuoterà in maniera inevitabile sul prezzo finale offerto ai consumatori sia nei bar che nei supermercati. È quanto emerge da uno studio portato avanti da Ethos Agriculture e Conservation International and Solidaridad, due organizzazioni internazionali che si battono per la salvaguardia dell’ambiente e nel monitoraggio del settore.

Secondo il lavoro svolto dalle due organizzazioni, l’industria si trova in questo momento in un complessa congiuntura economica in cui, a fronte di una domanda che aumenta, si presentano minacce importanti come la riduzione dei guadagni complessivi e l’avanzamento dei danni derivanti dal clima che cambia, che potrebbero dimezzare le terre adatte alla coltivazione già entro il 2050. Si prevede, di conseguenza, che la produzione si concentrerà in altre regioni rispetto a quelle attuali anche perché l’industria, come rileva lo studio, sarà costretta anche ad adattarsi al regolamento europeo sulla deforestazione che vieterà dal 2025 la vendita nell’Ue di caffè raccolto nelle aree tolte alle foreste, un fenomeno che negli ultimi decenni ha causato la perdita di 130mila ettari di boschi.

Inoltre, in base all’analisi condotta, le nuove regole europee estrometteranno dal mercato soprattutto i piccoli produttori africani, incapaci di affrontare i costi necessari e scarsamente supportati dai loro governi per adattarsi agli standard richiesti da Bruxelles. La produzione quindi sarà sempre più concentrata nelle mani dei grandi nomi del settore e, in particolare, si sposterà verso regioni maggiormente sviluppate come il Brasile in primis, che possiede maggiori mezzi e risorse per resistere ad un peggioramento delle condizioni e continuare a prosperare.

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