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Migranti, dopo il caos di Lampedusa Meloni costretta ad accelerare: “Fino a 18 mesi nei centri di rimpatrio. All’Ue chiederò un blocco navale”

Trattenere le persone nei centri di rimpatrio per 18 mesi anziché per 12, il ritorno della richiesta di un “blocco navale” europeo, l’invito alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Lampedusa. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni parla per la prima volta del caos dovuto al boom di arrivi sulla piccola isola siciliana da quando è iniziata l’ultima emergenza, ad eccezione dei pochi accenni durante le interviste nei programmi di Bruno Vespa su Rai1. E dopo il silenzio di questi giorni annuncia per lunedì un consiglio dei ministri in cui sarà messo all’ordine del giorno un pacchetto con “misure straordinarie per fare fronte al numero di sbarchi che abbiamo visto sulle nostre coste”. Una delle novità sarà appunto la modifica del termine di trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri “di chi entra illegalmente in Italia”, da 12 a 18 mesi, il massimo consentito dalla normativa europea, come precisa la stessa premier. Una norma che non riguarderà i richiedenti asilo per i quali rimarrà di 12 mesi. Nel frattempo si darà mandato alla Difesa di realizzare “nel più breve tempo possibile” nuove strutture per i migranti perché siano sufficienti a trattenere gli immigrati illegali. Le strutture dovranno essere costruite “in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Da una parte quello che sembra un giro di vite, la cui efficacia è tutta da dimostrare specie se le operazioni di rimpatrio restano difficili come insegnano tutti questi ultimi anni. Dall’altra parte c’è il tentativo – l’ennesimo – di coinvolgere Bruxelles. Meloni dice di aver scritto a Von der Leyen per invitarla a Lampedusa e di essersi rivolta al presidente del Consiglio Ue Charles Michel per “chiedergli di inserire all’ordine del giorno del consiglio Ue di ottobre la questione migratoria”. In quel vertice, precisa Meloni, ribadirà la necessità di “avviare immediatamente una missione Ue per bloccare le partenze dei barconi”.

Il primo obiettivo di questa comunicazione – implicito ed esplicito – è spiegare “agli italiani” che “non abbiamo cambiato idea: ci vorrà tempo, molto lavoro, pazienza determinazione ma non abbiamo cambiato idea. Lavoriamo ogni giorno per mantenere l’impegno che abbiamo sottoscritto con voi e lavoriamo in ogni ambito compreso quello di ripristino della legalità e del contrasto all’immigrazione illegale”. La preoccupazione è per lo stillicidio di numeri e di immagini che arrivano da Lampedusa che giocoforza finiscono sui media e rischiano di essere la smentita attraverso i fatti delle promesse elettorali del centrodestra e in particolare di Fratelli d’Italia. Così nel video Meloni mette in fila tutti quelli che sembrano avere colpa per questo boom di nuovi sbarchi. I governi precedenti, pezzi di Unione Europea, “intralci ideologici“, una “congiuntura internazionale difficilissima“. Lampedusa traboccante di migranti, i record polverizzati ora dopo ora, giorno dopo giorno e ormai da una settimana, è responsabilità di tutti, ma non del governo italiano. Meloni parla – come ormai abitudine quando il gioco si fa duro – con un videomessaggio diffuso sui social, con una diretta-differita che naturalmente non prevede domande. E d’altra parte nell’unica occasione in cui aveva dovuto rispondere a delle domande – nelle trasmissioni di Vespa – la questione Lampedusa era stata solo sfiorata nonostante i numeri che rimandano agli anni più difficili (dal 2015 al 2017).

Ora però era diventato sempre più difficile tacere. Rimbalzano i videoblob (il primo è stato di questo giornale online) in cui si rammenta la premier – quando era “solo” leader di partito – che ripeteva ossessivamente le due parole che hanno contraddistinto le sue campagne elettorali: “blocco navale”. E ora che la situazione è travolgente, a quasi un anno dall’insediamento del governo, la presidente del Consiglio torna a chiederlo all’Unione Europea: bisogna fermare gli arrivi, aveva detto alcuni giorni fa, e ora ribadisce il concetto. Ma come si fa? Secondo la premier si fa con “una missione europea, anche navale se necessario, in accordo con le autorità del Nordafrica, per fermare la partenza dei barconi”. Bisogna poi “verificare in Africa chi ha diritto o meno all’asilo, accogliere in Ue solo chi ne ha effettivamente diritto secondo le convenzioni internazionali e parallelamente lavorando con investimenti seri allo sviluppo”. Resta sempre il problema del “come”: la Libia è tritata dalla guerra civile, l’accordo della Tunisia sbandierato da Meloni è finito con flottiglie di barchini che da Sfax si mettono in coda per Lampedusa. Com’è possibile? “Il governo ha lavorato coinvolgendo la Ue a un accordo di collaborazione con la Tunisia che prevede il contrasto ai flussi irregolari da una parte e il sostegno all’economia tunisina dall’altra. Purtroppo però mentre l’Italia e una parte dell’Europa lavoravano in questa direzione un’altra parte si muoveva nella direzione opposta“. Tra quelli che si sono mossi in “direzione opposta” ci sono “alcune forze politiche e influenti realtà di sostenere che la Tunisia sarebbe un regime oppressivo con cui non si possono fare accordi di dichiarare che non sarebbe un porto sicuro“.

Meloni si dice “ancora convinta che la strategia del governo italiano sia quella più seria per risolvere il problema in maniera strutturale, però richiede tempo soprattutto se quel lavoro viene intralciato da interessi ideologici“. Per esempio è colpa dei “governi immigrazionisti” – la premier usa questa espressione – se esistono “centri di permanenza per i rimpatri scandalosamente esigui“. Sullo sfondo Meloni (ri)scopre che i motivi dell’impennata di arrivi sulle coste italiane sono molti e diversi. “La pressione migratoria che l’Italia sta subendo dall’inizio di quest’anno è insostenibile, figlia di una congiuntura internazionale difficilissima che mette insieme problemi che già avevano i Paesi africani a una situazione di instabilità crescente, particolarmente nella zona del Sahel. Un quadro difficilissimo tra colpi di stato, calamità naturali, guerra del grano, jihadismo che potrebbe portare diverse decine di milioni di persone a voler lasciare la propria nazione per cercare un futuro migliore in Europa. E’ evidente però che l’Europa non può accogliere questa massa enorme di persone”.

Su questo punto oggi Meloni ha ricevuto un sostegno – tutto da verificare peraltro – dell’Eliseo. Il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron ha detto che l’Italia non può essere lasciata sola e che l’Europa deve rafforzare i suoi confini esterni. Il ministro dell’Interno ha aggiunto che nel prossimo vertice europeo Italia e Francia agiranno insieme per un’iniziativa, promettendo di parlarne anche con l’omologo tedesco. Dove porterà questa rinnovata promessa di Bruxelles è tutto da vedere. Resta che per il governo – su una questione centrale come quella dell’immigrazione – è la madre di tutte le partite, come dimostra la “concorrenza interna” espressa dalla Lega già giovedì, e che la gestione (anche comunicativa) dell’emergenza sarà il primo banco di prova per il governo e per la presidente del Consiglio.