Il suo telefonino, collegato al caricabatterie, scivolò in acqua e una scarica elettrica la uccise sprigionandosi direttamente dalla estremità libera del cavo Usb con il quale scava caricando lo smartphone. E lei morì folgorata. Ma, sostiene ora la procura di Avellino, se le componenti elettriche del caricabatterie fossero state a norma, Maria Antonietta Cutillo, la 16nne di Montefalcione fulminata nella vasca da bagno, non sarebbe deceduta.

Per questo i magistrati hanno iscritto nel registro degli indagati cinque imprenditori, quattro dei quali di nazionalità cinese, attivi in Toscana e Lombardia. Le ipotesi nei loro confronti sono di omicidio colposo, frode in commercio e vendita di prodotti industriali con marchi contraffatti. Il procuratore capo di Avellino, Domenico Airoma, ha chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale irpino, il sequestro preventivo di un gran numero di caricabatterie di fabbricazione cinese risultati non conformi agli standard comunitari e dunque potenzialmente pericolosi.

Le indagini dei carabinieri, che si sono avvalsi del contributo del Reparto tecnologie informatiche del Racis, hanno accertato difetti di fabbricazione di uno dei componenti interni del caricabatterie utilizzato dalla giovane. In particolare, il “condensatore ceramico a disco” avrebbe mostrato “difetti riconducibili alla scarsa qualità tecnica del materiale con il quale tali dispositivi sono realizzati”. Secondo il Racis, se il condensatore interno fosse stato costruito impiegando componenti elettriche con i criteri previsti dai prodotti con marchio Cee, “l’evento letale non si sarebbe verificato”.

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