Televisione

Rai, al TgR Lombardia promozione per la moglie del conduttore. La ‘rivolta’ della redazione: “Inopportuno”

La nomina di Paola Colombo a vicecaporedattore è stata contestata duramente dai colleghi della testata perché si tratta della moglie di Roberto Pacchetti, condirettore del TgR in quota Lega

C’è chi la definisce “parentopoli sovranista” e chi non fa una piega tirando in ballo il rispetto delle norme. Il clima a Viale Mazzini è rovente da settimane, alla lunga lista delle polemiche se ne aggiunge un’altra che riguarda i tg regionali del servizio pubblico. La redazione del “TgR Lombardia” insorge contro la promozione di una collega, Paola Colombo. La sua nomina a vicecaporedattore è stata contestata duramente dai colleghi della testata perché si tratta della moglie di Roberto Pacchetti, condirettore del TgR in quota Lega.

I giornalisti si sono riuniti in assemblea e nei giorni scorsi hanno votato un documento che “ha dato mandato all’unanimità al Cdr di indire una votazione a scrutinio segreto sulla questione chiedendo al direttore Alessandro Casarin che la delega sulla redazione della Tgr Lombardia sia assegnata a un responsabile che non abbia legami familiari con componenti della redazione”. Una votazione a scrutinio segreto durata ben tre giorni che ha dato come esito – si apprende dalla nota ufficiale della rappresentanza sindacale – un documento approvato con 41 sì, 6 no, una scheda bianca e sette astenuti: “Chiediamo quindi alla direzione della Tgr di dare seguito a quanto richiesto dalla redazione. (…) Riteniamo la collega Paola Colombo adatta a ricoprire la carica di vicecaporedattore. La sua professionalità non è in discussione, così come non lo è il suo percorso all’interno della redazione della Tgr Lombardia”.

La direzione ha più volte ribadito che la nomina rispetta tutte le norme, i giornalisti del TgR sottolineano però un problema di opportunità proprio per il legame che Colombo ha con il condirettore della TgR, che ha anche la delega proprio sulla redazione della Lombardia. “Questo rappresenta un vulnus che non possiamo ignorare – prosegue il comunicato – perché rischia di esporre la testata, l’azienda, la direzione e financo la collega stessa ad attacchi imbarazzanti, interni ed esterni. Riteniamo che proprio la direzione avrebbe dovuto valutare, alla luce di questo, l’inopportunità della pur legittima progressione di carriera della collega”.