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Sul caso di Khaled El Qaisi la stampa tace: basta col doppiopesismo servile verso Israele

Si è conclusa nella tarda mattinata di oggi la terza udienza per il caso di Khaled El Qaisi, prigioniero delle autorità israeliane nel centro di Petach Tikvah, circa 20 km a nord di Tel Aviv, senza la formulazione di nessuna accusa e in assenza delle più elementari regole di diritto civile e di giustizia: ebbene i giudici israeliani hanno prolungato la custodia cautelare per altri 7 giorni. La vicenda è ormai nota e sta riscuotendo l’attenzione e la mobilitazione di centinaia di persone (la petizione su Change.org della comunità palestinese palermitana – “ Voci nel silenzio” – ha raccolto oltre 25 mila firme in pochi giorni).

Il giovane cittadino italo-palestinese era in vacanza con la famiglia quando, al valico di frontiera di “Allenby”, rientrando da Betlemme, è stato bloccato e portato via secondo i metodi arbitrari e fuori da ogni logica giuridica della polizia israeliana, che decide della vita delle persone senza formalizzare nessuna accusa. Khaled è un traduttore e studente di “Lingue e Civiltà Orientali” all’Università “La Sapienza” di Roma, conosciuto e molto inserito nella comunità accademica, noto per il suo infaticabile impegno nella raccolta e divulgazione e traduzione di materiale storico palestinese, tra i fondatori del Centro Documentazione Palestinese, associazione che promuove la cultura palestinese in Italia.

È uno dei tanti palestinesi che vive nel nostro paese e si batte contro la repressione del suo popolo di origine: il trattamento che sta subendo dovrebbe essere denunciato con sdegno da parte delle nostre autorità politiche e dai mezzi di informazione. Ora, risulta che la Farnesina sia attiva, cercando di fare del proprio meglio per riportare a casa sano e salvo il nostro concittadino, ma l’informazione è alquanto fredda.

È stata Repubblica a far sapere subito che “non si tratta di un nuovo caso Zaki”. Di grazia, perché? Il ricercatore egiziano, vittima della brutalità del regime di Al Sisi, ha riscosso la solidarietà e la commozione del nostro Paese grazie ad una mobilitazione anche dell’informazione che ha denunciato l’arbitrio del suo caso, lo ha giustamente rappresentato come una vittima della violazione dei diritti umani. Ebbene a me pare che siamo di fronte alla stessa circostanza.

Non ci sono accuse contro Khaled: non valgono per un italo-palestinese i diritti umani? Il punto è sempre lo stesso: quel doppiopesismo servile verso Israele, paese le cui autorità si possono permettere quel che gli pare, anche ammazzare almeno un palestinese al giorno, tanto la stampa amica in tutto il mondo fa sempre sapere che Israele è un paese democratico. Noi rivogliamo Khalil a casa, come lo abbiamo voluto per Patrick Zaki.