Bruxelles lo dice da tempo e lo ha nuovamente ribadito. L’abolizione dell’abuso d’ufficio non s’ha da fare. A distanza di poco più di due mesi dalla presa di posizione contro la cancellazione del reato con l’inequivocabile motivazione che “compromette la lotta alla corruzione”, la Commissione europea, come fa sapere in una nota Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, ha nuovamente bocciato “la riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio che prevede, tra le altre cose, l’abolizione del reato di abuso d’ufficio e il ridimensionamento del reato di traffico di influenze illecite. Nella risposta a una interrogazione presentata dal Movimento 5 Stelle afferma che il reato di abuso d’ufficio è uno strumento importante nella lotta contro la corruzione. Inoltre, giudica queste misure incompatibili con la direttiva sulla lotta contro la corruzione presentata lo scorso mese di maggio e ritiene che queste modifiche potrebbero influire sull’efficacia dell’individuazione e del contrasto della corruzione”.
Il 3 maggio scorso, dopo lo scandalo del Qatargate, la reazione dell’Eurocamera era stata quella di mettere a punto una direttiva per “per estirpare la corruzione”. Quindi mentre Bruxelles vuole ingaggiare una battaglia contro bustarelle e mazzette l’Italia con la riforma annunciata dal guardasigilli di fatto si appresta a uscire di fatto dall’Europa grazie alla smantellamento definitivo della Spazzacorrotti che aveva messo dei paletti al fenomeno che proprio l’Europa aveva elogiato. “È evidente che abolire il reato di abuso d’ufficio significa agevolare l’esercizio di funzioni pubbliche per conseguire un guadagno personale e indebolire la lotta alla corruzione che in Italia è da sempre un fenomeno endemico. Il governo Meloni – prosegue Ferrara – si fermi altrimenti, dopo i temi economici e sulla gestione dei flussi migratori, rischia di deragliare in Europa anche sul tema giustizia e di fare la fine dei suoi alleati nazionalisti polacchi e ungheresi, più volte sanzionati dalla stessa Commissione europea”.
Solo due giorni fa proprio il ministro però si augurava l’approvazione e addirittura un ampliamento. “L’abolizione di questo reato secondo me sarà effettuata. Su questo c’è un’omogeneità nel governo, e speriamo che in parlamento venga anche allargata”. Oltre all’abolizione dell’abuso d’ufficio, “che non avrebbe soltanto ricadute positive per l’economia, ma è anche un elemento di garantismo“, il ministro ha citato le intercettazioni e l’inimpugnabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado. Sulle intercettazioni, Nordio ha definito il “minimo sindacale” la regola di “evitare che il nome del terzo che viene inserito in queste trascrizioni delle intercettazioni venga dato in pasto ai giornali”.
Eppure da settimane nelle audizioni in Commissione Giustizia il ddl Nordio emergono dubbi, perplessità e critiche. “Non c’è un solo audito, tra avvocati, professori universitari, magistrati, che non riconosca che l’abolizione integrale dell’abuso d’ufficio comporta problemi: un vuoto di tutela dei cittadini nei confronti della P.A, l’espansione di fattispecie più gravi, il contrasto con le direttive europee. C’è da augurarsi – ricordano i senatori del Pd in Commissione Giustizia Alfredo Bazoli, Anna Rossomando, Franco Mirabelli e Walter Verini. che la maggioranza e il ministro, abbandonino posizioni ideologiche, scendano sul terreno del merito della questione e diano disponibilità a modificare profondamente il testo del disegno di legge”.
Tra i più critici c’era per esempio l’attuale procuratore antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, che aveva dichiarato: “Abolire l’abuso d’ufficio viola gli obblighi internazionali anticorruzione. Nella pa i controlli non esistono, ma non se ne parla”. Credo sia doveroso richiamare l’attenzione sullo stato di profondo e diffuso condizionamento criminale dei componenti della pubblica amministrazione”, sottolinea Melillo. “Basterebbe guardare allo stato delle amministrazioni sciolte in trent’anni per accertati condizionamenti della criminalità mafiosa per toccare la concretezza dei problemi dell’assenza di ogni filtro, controllo, prevenzione”. In un quadro del genere, cancellare la fattispecie di abuso d’ufficio – che esiste in tutti gli altri Paesi sviluppati – esporrebbe l’Italia “al rischio di apparire fonte di indebolimento del sistema di incriminazione”, proprio mentre il Paese “si appresta a utilizzare ingenti risorse”, quelle del Pnrr, che sono anche il frutto di “tasse pagate da cittadini di altri Stati europei“. Solo mercoledì scorso un alto alto magistrato aveva lanciato l’allarme.