“Il migrazionismo è finanziato oggi da qualcuno che vuole cambiare l’etnia europea per creare un’Eurafrica o un’Eurasia. Inoltre, accogliamo anche individui che sfogano nel nostro Paese un’inclinazione mostruosa”. Non è un post su una chat complottista, ma un brano tratto da un libro di Giorgia Meloni, e pure recente: 2019. Il libro si intitola Mafia Nigeriana. Origini, autori, crimini, autori Alessandro Meluzzi e Giorgia Meloni con Valentina Mercurio, editore Oligo. Meluzzi lo ricorderete: psichiatra già parlamentare di Forza Italia, da parecchi anni si presenta come “diacono della Chiesa greco-melchita in Siria” e “metropolita primate della Chiesa Ortodossa Italiana Autocefala”. Valentina Mercurio è una criminologa, il solo altro libro pubblicato è su Freddy Mercury, indimenticato frontman dei Queen.
Forte di cotanto curriculum, il terzetto si avventura nel tema serissimo della mafia nigeriana (Fq millennium le ha dedicato una copertina nel 2018), partendo dallo sconvolgente omicidio della diciottenne Pamela Mastropietro, massacrata e fatta a pezzi a Macerata dallo spacciatore nigeriano Innocent Oseghale, poi condannato all’ergastolo in via definitiva. Nessuna sentenza sancisce il coinvolgimento della mafia nigeriana, né gli autori si preoccupano di documentarlo altrimenti. Il libro si risolve in un’invettiva anti-immigrazione con toni che se fossero ripetuti oggi da Giorgia Meloni presidente del Consiglio scatenerebbero il caos.
Ecco cosa si legge, per esempio, su Castel Volturno: “Da un lato la comunità africana, con i suoi riti… che si trasformeranno in sacrifici umani in territorio italiano; dall’altra i bianchi, che guardano con sorpresa e scherno…”. Sacrifici umani che avvengono anche “durante la lunga traversata”, “in cambio di buon tempo e mare tranquillo”. Ancora: “La definizione di uomo selvaggio… come essere degradato e maledetto… sembra adattarsi bene ai criminali mafiosi di origine nigeriana”. Un lungo paragrafo è dedicato al cannibalismo.
Così scrivono di mafia (e immigrazione) l’attuale presidente del Consiglio e i suoi coautori. Tutta la complessità che distingue le mafie dal crimine comune, per quanto efferato, scompare o è appena accennata: il controllo sulle comunità nigeriane e sulle attività economiche, la presenza negli snodi della filiera globale della droga, le connessioni con la politica nel Paese d’origine, tutti elementi documentati anche dai numerosi processi italiani che hanno portato alla condanna per associazione mafiosa di decine di membri dei “culti”. Sarà questo il modo in cui si parlerà di mafia nel governo e nel Parlamento dell’era Meloni?