Più che una vittoria, un trionfo, che poi visto dall’altro lato suona come un’umiliazione di proporzioni quasi storiche. Più che un segnale, un autentico proclama di superiorità. L’Inter non ha solo vinto una partita, per quanto speciale come il derby, ha dato una batosta ai cugini del Milan e un segnale a tutto il campionato.

In questo momento l’Inter è la squadra più forte della Serie A. Considerando che parliamo dei vicecampioni d’Europa non è neppure una sorpresa, e soprattutto a metà settembre, con un’intera stagione davanti, non conta nulla. Però è stata impressionante la maniera in cui nerazzurri hanno dominato la partita e soprattutto il punteggio: 5-1, il secondo successo con scarto più largo in favore dell’Inter nella storia, dopo un 5-0 che risale addirittura al 1910. Roba da annali, insomma.

Il risultato in realtà è molto più severo di quanto si sia visto in campo, dove il Milan ha mantenuto comunque il 60% di possesso palla e a un certo punto ha anche sperato di pareggiare. Ma fino a un certo punto: l’equilibrio c’è stato nella partita ma non nella sua gestione. Matura, concentrata, determinata quella dell’Inter, nella lettura tattica, nelle giocate, negli episodi: semplicemente perfetta. Davvero superficiale invece quella del Milan: disattento in avvio, volitivo nella reazione ma scriteriato nell’arrembaggio finale in cui ha rischiato l’imbarcata. Anzi, l’ha pure presa. Ecco la differenza tra Inter e Milan, che va ben al di là dei singoli ed è frutto anche dell’eredità della scorsa Champions League e di quella finale di Istanbul, da cui i nerazzurri sono usciti sconfitti, è vero, ma con un bagaglio di autostima e consapevolezza che si sta vedendo tutto in queste prime giornate di campionato.

Poi è chiaro che nel calcio non conta solo la testa, ma anche e soprattutto la tecnica e la tattica. E pure qui non c’è stata partita. Il Milan è una squadra profondamente rinnovata, ci poteva stare che i vari Loftus, Reijnders, Pulisic potessero pagare dazio al primo derby. Ma era un esordiente anche Thuram e lì il timore reverenziale non si è visto, anzi. È lui, che per mezza estate sembrava promesso al Milan, l’uomo copertina di questo derby, persino più di Mkhitaryan autore di due gol e assist: il francese sembra coniugare lo strapotere fisico di Lukaku e le doti tecniche di Dzeko, perfetto per legare il gioco di Inzaghi che infatti ha funzionato a meraviglia. La doppietta di Mkhitaryan ha risposto a chi per tutta la settimana chiedeva polemicamente perché non giocasse Frattesi e alla fine ha segnato pure l’italiano: è la dimostrazione della profondità della rosa nerazzurra che ha fatto la differenza anche nei cambi. Dopo il gol di Leao, nel momento più difficile, Inzaghi ha cambiato insieme agli uomini l’inerzia del match.

Il Milan farà meglio a dimenticarsi presto di questa serataccia, ma dovrebbe riflettere profondamente sul perché sia capitata: si tratta del quinto derby perso di fila, più o meno tutti nella stessa maniera. Ancora una volta Inzaghi ha rifilato a Pioli una lezione di calcio: ha lasciato la palla agli avversari, smascherando i limiti dei rossoneri – tremendamente efficaci quando si tratta di giocare sulla riconquista, molto meno quando devono fare la partita – e poi, sfruttando gli spazi aperti dal fraseggio di Lautaro &C., li ha colpiti in contropiede, ancora più severamente che in passato. Era già successo in Champions, in Supercoppa, in Coppa Italia, oggi è ricapitato pure in campionato e Pioli non ha mai capito quali accorgimenti adottare. Per questo il risultato del derby spaventa le avversarie e soprattutto il Milan, che ne esce davvero ridimensionato. In classifica i punti di distanza in fondo sono solo tre, ma oggi il divario è sembrato abissale.

Twitter: @lVendemiale

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