Cronaca

Da Trapani a Lampedusa, l’altra emergenza si chiama lavoro. Gli operatori di hotspot attendono lo stipendio anche da otto mesi

I migranti continuano ad arrivare ma la gestione rimane ancora complicata per gli operatori che in tutta la Sicilia si trovano a far fronte all’emergenza senza prendere un euro. Si tratta dei dipendenti del Sai di Alcamo, nel Trapanese, alcuni dei quali attendono lo stipendio da almeno otto mesi: “Io ancora attendo il pagamento relativo al mese di dicembre 2022 – scrive il portavoce della protesta – i ritardi vanno avanti da 8 anni, noi dipendenti siamo arrivati al culmine, non posso più permettermi di pagare la benzina per andare al lavoro e fare avanti e indietro da Palermo e per vivere. Io ho bisogno di lavorare e avere una dignità e una indipendenza economica”.

A gestire la struttura di Alcamo è Badia Grande, società che ha ricevuto l’affidamento ma che ha in capo un processo a Trapani per i reati di “frode in pubbliche forniture, falso e truffa” per la gestione di un’altra struttura ed è sotto indagine a Bari. I ritardi nei pagamenti si sono susseguiti anche nella gestione dell’hotspot di Lampedusa, dove i dipendenti, oltre a non ricevere la busta paga, ricevevano acconti e stipendi con grande ritardo. Addirittura, nonostante la gestione del centro di contrada Imbriacola sia terminata lo scorso giugno (con l’avvicendamento con la Croce Rossa) alcuni dipendenti di Badia Grande che lavoravano sull’isola attendono ancora di veder pagati gli ultimi stipendi: “Noi attendiamo ancora
due mesi – dice Alice Bisso, operatrice dell’hotspot dell’isola agrigentina – oltre al Tfr che ancora non ci è stato pagato, i sindacati sono spariti e anche l’azienda non ci dà una risposta”. Con lei anche gli altri operatori che adesso sono stati assunti dalla Croce Rossa in una gestione che ha cambiato il passo al centro che oggi ospita migliaia di migranti nonostante ne possa accogliere appena 400.

Il nuovo corso è iniziato a giugno e la nuova associazione ha dovuto anche fare dei lavori per rimediare ai problemi di alcuni luoghi della struttura, causati dall’incuranza dell’azienda precedente. Stessa sorte accomuna i dipendenti dell’isola con quelli di Alcamo: “ho fatto causa all’azienda per richiedere l’aspettativa – scrive ancora uno dei dipendenti di Trapani – ma mi è stata respinta”. A scrivere al Fatto è anche un altro operatore della stessa struttura che lamenta le gravi ingerenze dell’azienda che non paga gli stipendi, addebitando ai ritardi dei fondi da parte delle prefetture che comportano problemi: “Il ritardo, purtroppo, è connesso con i mancati pagamenti da parte della Prefettura di Agrigento, che non corrisponde quanto dovuto dal settembre 2022 malgrado la relativa documentazione giustificativa di spesa sia stata inviata da parecchi mesi”.

Il credito supererebbe i 10 milioni di euro per cui Badia Grande ha chiesto lumi anche al Governo. “Alle sollecitazioni al rispetto delle pattuizioni contrattuali che prevedono il pagamento entro trenta giorni dalla ricezione delle fatture ad oggi dalla Prefettura non si è avuto né un pagamento, né un riscontro” scrive però l’azienda. Al credito più grande, che riguarda la gestione dell’hotspot di Lampedusa, si aggiungono poi gli altri crediti che la società vanta nei confronti delle altre prefetture siciliane, oltre 4 milioni di euro. “In questa situazione – scrive ancora l’azienda e con una Pubblica Amministrazione in enorme ritardo nei pagamenti, qualsiasi patrimonio sociale risulta insufficiente ed è assai difficile garantire la regolarità della corresponsione degli stipendi. La cooperativa può assicurare che, ripristinati i normali flussi finanziari, la corresponsione degli stipendi sarà il primo atto da compiere”. Intanto alcuni dipendenti attendono da oltre 8 mesi e non hanno ormai neanche i soldi per andare al lavoro.