Negli ultimi 12 mesi, coincisi con le proteste “Donna Vita Libertà”, le autorità iraniane hanno commesso una sequela di crimini di diritto internazionale per stroncare ogni minaccia al loro potere: centinaia di uccisioni illegali, l’impiccagione di sette manifestanti, decine di migliaia di arresti arbitrari (tra cui almeno 90 giornalisti e 60 avvocati), torture di massa comprendenti anche stupri delle detenute, intimidazioni nei confronti delle famiglie che chiedono verità e giustizia e rappresaglie contro le donne e le ragazze che sfidano le leggi discriminatorie sull’obbligo d’indossare il velo.

In questo anno, a partire dalla morte nelle mani della “polizia morale” di Mahsa Zhina Amini, le autorità iraniane hanno trascorso il tempo infliggendo inenarrabili crudeltà a persone che con coraggio erano tornate a sfidare decenni di oppressione e disuguaglianza.

Hanno mentito spudoratamente sulle morti dei manifestanti, descrivendoli come “suicidi” o “incidenti automobilistici”. Hanno promosso un discorso d’odio che descrive la lotta contro il velo come “un virus”, “una malattia sociale” o “un disordine” e che equipara la scelta di non indossare il velo alla “depravazione sessuale”.

Alla repressione di piazza con proiettili veri e pallottole di metallo che, quando non hanno ucciso, hanno causato accecamenti e menomazioni fisiche permanenti, e alle scorribande della “polizia morale” per le vie delle città, si è aggiunta tutta una serie di misure che privano dei loro diritti le donne e le ragazze che sfidano le norme discriminatorie sull’obbligo d’indossare il velo.

Questi nuovi provvedimenti comprendono il sequestro delle automobili, il divieto di accesso al lavoro, all’istruzione, alle cure mediche, ai servizi bancari e ai trasporti pubblici. Al contempo, le autorità iraniane hanno svolto processi ed emesso condanne al carcere, a multe e a punizioni degradanti come ad esempio lavare i cadaveri.

Ovviamente, le autorità iraniane non hanno chiamato a rispondere alcun responsabile di questi crimini, neanche i due agenti che avevano ammesso di aver stuprato delle manifestanti a Teheran.

Per contrastare questa impunità di sistema, che perdura da quasi mezzo secolo, è necessario che gli Stati esercitino la giurisdizione universale e altre forme di giustizia extraterritoriale in relazione ai crimini di diritto internazionale commessi dalle autorità iraniane.

Occorre, come hanno chiesto nel fine settimana solo in Italia decine di piazze, avviare indagini, dotate di risorse adeguate, per scoprire la verità su tali crimini, identificarne i presunti responsabili – comprese le persone con ruoli di comando – ed emettere, ove vi siano prove sufficienti, mandati d’arresto internazionale.

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