I Paesi europei ribadiscono la chiusura in tema di solidarietà europea: non aiuteranno l’Italia ad accogliere i migranti che stanno sbarcando a Lampedusa. A dichiararlo ancora prima di mettere piede a Roma, dopo la visita a Pontida di Marine Le Pen, è stato il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, che nel pomeriggio sarà nella capitale italiana per discutere di cooperazione europea in merito ai flussi di migranti: “No, la Francia non si appresta a farlo, la Francia vuole aiutare l’Italia a controllare la sue frontiere per impedire alla gente di venire. Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia, che fa ampiamente la sua parte”. E a lui, dopo la presentazione del piano in dieci punti proposto dall’Unione europea, si allineano anche la Germania e la Polonia. Ma dalla Lega arriva la replica affidata a una nota: “Basta chiacchiere, gli italiani si aspettano e si meritano dalla Francia e dall’Europa dei fatti concreti!”.
La linea delle istituzioni europee e dei singoli Stati è ormai chiara: esternalizzazione del problema, impedire le partenze, pattugliamenti, ma nessuna redistribuzione. Una linea alla quale anche i membri dell’esecutivo italiano, in particolar modo Giorgia Meloni e Matteo Salvini, faranno fatica a opporsi, dato che la loro narrativa in tema migratorio si è sempre concentrata su blocchi navali e rimpatri, pur con risultati nulli al momento, sostenendo quegli Stati come Ungheria e Polonia che da sempre si oppongono alla redistribuzione. E anche il ministro francese sembra sicuro che da Roma non arriverà, come successo la scorsa settimana, alcuna protesta formale per la posizione assunta da Parigi e altri Paesi europei: “Ciò che vogliamo dire ai nostri amici italiani, che credo siano perfettamente d’accordo con noi, è che dobbiamo proteggere le frontiere esterne dell’Unione europea e soprattutto esaminare subito le richieste d’asilo. Quando non ci sono le condizioni, rimandare (i migranti, ndr) nel loro Paese”.
Così, per i Paesi che non sono di primo approdo, come la Francia, è semplice affermare che da parte loro non ci sarà alcuna solidarietà interna: “Alle persone che arrivano sul nostro territorio (europeo, ndr) non si può dare come messaggio che saranno accolti comunque – ha aggiunto Darmanin – Se ci sono richiedenti asilo che hanno i motivi legali per chiederlo, che sono perseguitati per motivi politici, sono rifugiati. E in quel caso, la Francia, come ha sempre fatto, può accogliere queste persone. Ma nel 60% dei casi vengono da Paesi come la Costa d’Avorio, la Guinea, il Gambia, dove non ci sono problemi umanitari”.
Con toni più netti, anche Varsavia si oppone, come sempre fatto, a qualsiasi proposta di redistribuzione dell’accoglienza: “La Polonia non sarà spezzata! Non faremo entrare nessuno! Le donne e i bambini polacchi saranno al sicuro – ha scritto su Twitter il primo ministro Mateusz Morawiecki – Donald Tusk e il suo partito Piattaforma civica volevano farli entrare. Lo hanno fatto una volta e lo rifaranno”. Messaggio simile, con toni più pacati, anche da parte dei Liberali tedeschi, membri della maggioranza di governo: “La Germania non dovrebbe accogliere alcun migrante dall’Italia in questo momento – ha detto il segretario generale dell’Fdp, Bijan Djir-Sarai – Le nostre capacità sono limitate e molti comuni sono già fortemente oberati quando si tratta di ospitare e assistere i richiedenti asilo”.
La posizione di Berlino appare chiara anche analizzando le parole della ministra dell’Interno, Nancy Faeser, che come Darmanin sottolinea l’importanza di concentrarsi soprattutto sulla protezione delle frontiere esterne dell’Ue: “Non possiamo fare altro, altrimenti non avremo in pugno la situazione migratoria”, ha detto commentando i dieci punti del Piano d’azione Ue. “Cammineremo insieme per avviare un piano di azione comune per, da un lato, sostenere l’Italia a livello umanitario e, dall’altro, vedere come si ottiene più controllo“, ha concluso.
Tutte intese che la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, invita a raggiungere nel più breve tempo possibile. Sia perché l’emergenza sbarchi si fa sempre più pesante nei Paesi di primo approdo come l’Italia, sia perché manca meno di un anno alle elezioni europee che potrebbero imprimere un decisivo stop alle trattative, con la riorganizzazione dell’intera Plenaria: “Abbiamo delle proposte legislative sul tavolo e stiamo lavorando tutti i giorni con la speranza che fino alle elezioni europee avremo un pacchetto di leggi che finalmente indirizza i problemi, le sfide con delle soluzioni, altrimenti i cittadini non ci capiranno più. L’Italia è accanto all’Europa e l’Europa è accanto all’Italia. Gli arrivi a Lampedusa non sono una sfida solo dell’Italia ma dell’Europa. Se non troviamo soluzioni concrete la nostra politica migratoria ha fallito”.