di Nahima Zipp

In questi giorni vediamo foto e notizie che riportano le strade di New York con milioni e milioni di manifestati per chiedere una sola cosa: un altro mondo è possibile e noi giovani ne siamo la forza trainante. Siamo un’importante forza per lo sviluppo sostenibile e attori chiave per il cambiamento sociale, l’innovazione tecnologica e la crescita economica.

Le generazioni di giovani hanno fatto la storia, basti pensare per esempio per le manifestazioni studentesche del 1968. Mentre le piazze, le strade e le arene pubbliche erano pronte, allora, ad ascoltare le voci dei più giovani, oggi troppo spesso siamo relegati ai margini, siamo dipinti come una generazione superficiale e disinteressata rispetto al mondo che ci circonda. Ma il problema è l’inverso: è il mondo ad essere poco interessato a noi.

I social, a cui la Gen-Z viene automaticamente associata, sono le sole piattaforme che ci consentono di amplificare la nostra voce, di darci una rappresentanza e un senso di riconoscimento come attori sociali alle nostre idee, ai nostri valori e opinioni. Un esempio attuale dell’impegno e dell’attivismo giovanile per vie tecnologiche è quello proprio del movimento organizzatore di questa giornata, Fridays for Future, guidato e organizzato da giovani. Vede il suo inizio nel 2018 dopo che l’allora quindicenne Greta Thunberg portò avanti una serie di scioperi per protestare contro la non azione dei governi in merito alla crisi climatica. Questo movimento ebbe una fortissima diffusione in tutti i continenti arrivando a riunire fino a 14.000.000 di persone che organizzano e documentano le loro attività tramite social media, attraverso cui il movimento acquisisce grande risonanza.

Questo è solo uno dei casi che esemplificano effettivamente quanto la nostra partecipazione può essere trasformativa: grazie ai nostri sforzi, alle nostre visioni e alla nostra energia, le nostre azioni non hanno confini o limiti di età, coinvolgono tutti e tutte indiscriminatamente. Perché è di questo che il cambiamento sociale che auspichiamo ha bisogno.

Come giovane attivista, vorrei vedere la mia voce e quella dei nostri coetanei ascoltata e sistematicamente inclusa nel dibattito politico e nei processi decisionali: non solo perché le decisioni che vengono prese ora hanno un grande impatto sul nostro presente e danno forma al nostro futuro, ma anche perché le nostre esperienze di vita e le nostre idee sono preziose e vanno riconosciute. Oggi i giovani sotto i 30 anni rappresentano più della metà della popolazione mondiale, una cifra in continuo aumento, a cui non corrisponde il numero di parlamentari negli organi decisionali: si stima infatti che, globalmente, soltanto il 2,6% delle cariche parlamentari risponda a questa fascia d’età.

Ovunque, la nostra generazione si trova ad affrontare crisi globali e, per questo, lotte condivise: l’emergenza climatica e sui devastanti effetti, le crescenti disuguaglianze economiche, la disoccupazione giovanile, la ricerca di maggiore rappresentanza. Quando i leader del mondo sapranno rispondere a questi interrogativi per noi esistenziali?

In questo contesto la futura prosperità e sostenibilità del nostro pianeta e di coloro che vi abitano dipendono largamente dalla capacità delle istituzioni di sfruttare il potenziale di tutte le generazioni e quindi anche di dare la possibilità ai giovani di emergere nella società. Per questo, reputo cruciale l’investimento in un’istruzione di qualità, il cui accesso dev’essere gratuito e garantito indiscriminatamente a tutti e tutte in modo equo. Questa ci fornisce gli strumenti necessari per costruire una propria idea di mondo e di futuro, così come le competenze per contribuire a crearlo.

Chiedo alle istituzioni di ricostruire il rapporto di fiducia con i giovani. Domandiamo un vero coinvolgimento nei processi decisionali nei suoi diversi stadi, un’inclusione che sia vera e non di facciata, per portare così ad un trasferimento graduale ma costante di conoscenze e di responsabilità fra generazioni. Noi giovani vogliamo uno scambio intergenerazionale a tutti i livelli, dal globale al locale, rendendoci allo stesso tempo contributori e beneficiari a lungo termine delle decisioni prese congiuntamente.

Perché, ad ora, ci troviamo ad osservare da lontano le azioni – o meglio, le inazioni – che le generazioni più vecchie di noi stanno intraprendendo per noi, lasciandoci molto spesso lo scotto degli errori come conto più alto da pagare.

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