Un’operazione militare per contrastare una cellula terroristica armena. Con questa motivazione l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva armata in NagornoKarabakh, regione ad amministrazione speciale non riconosciuta a livello internazionale dove risiedono 120mila cittadini di etnia armena. Immagini non ancora verificate sui social media mostrano bombardamenti nella capitale autoproclamata del Nagorno-Karabakh, Stepanakert, mentre Baku garantisce di stare utilizzando “armi ad alta precisione” per colpire obiettivi militari e non i civili. Il ministro della Difesa azero, Agil Gurbanov, ha dichiarato di avere aperto dei corridoi per evacuare i civili, di cui uno verso l’Armenia. Secondo le informazioni raccolte fino a questo momento, ci sono almeno cinque vittime, tra cui un bambino e 80 feriti, di cui 8 bambini. Lo riferisce in una nota Gegham Stepanyan, difensore civico dei diritti umani della Repubblica del Nagorno-Karabakh.

Le autorità azere hanno comunicato alla tv turca Trt che i compiti principali dell’operazione sono “prossimi al completamento“, e gli obiettivi militari individuati “già neutralizzati” ma i separatisti denunciano combattimenti continui lungo tutta la linea di contatto, con le forze azere che usano artiglieria, droni e aerei per i bombardamenti. Le operazioni proseguiranno “in modo mirato, su scala più limitata”. A confermare il piano di attacco è ancora una volta il ministro della Difesa, che ha sottolineato che l’operazione serve a “disarmare e garantire il ritiro delle forze armate armene nel territorio e neutralizzare la loro infrastruttura militare” e non cesserà fino allo “scioglimento del regime di Stepanakert”. I separatisti hanno chiesto all’Azerbaigian di mettere fine alle ostilità e “sedersi al tavolo dei negoziati per risolvere la situazione attuale”.

Il Nagorno-Karabakh, chiamato Artsakh dall’Armenia, è un’area montuosa nella regione del Caucaso con una popolazione a prevalenza di etnia armena e di fede cristiana. Non è riconosciuta a livello internazionale e fa ufficialmente parte della Repubblica dell’Azerbaigian, ma ha un governo semi-autonomo autoproclamato che mantiene stretti legami con Erevan. Le tensioni con la popolazione della zona hanno un lungo retaggio storico e implicazioni religiose: l’Azerbaigian ha una popolazione principalmente di fede musulmana.

“Stiamo assistendo a come l’Azerbaigian si sta muovendo per l’eliminazione fisica della popolazione civile e la distruzione degli obiettivi civili”, ha sottolineato in una dichiarazione all’Ansa Sergei Ghazaryan, ministro degli Esteri del governo del Nagorno-Karabakh. “Abbiamo ripetutamente informato gli attori internazionali che le sole chiamate non fermeranno l’Azerbaigian dai suoi atti belligeranti e criminali. Chiediamo alla comunità internazionale di adottare misure efficaci molto rapidamente per fermare l’aggressione”, ha aggiunto. Sulla questione è intervenuto anche il primo ministro armeno, Nicol Pashinian, che ha parlato di una “operazione di pulizia etnica“. In una conversazione telefonica avuta con il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e con il presidente francese, Emmanuel Macron, Pashinian ha sottolineato “l’inammissibilità dell’uso della forza”. La Francia, ha detto Macron, ha chiesto la convocazione di una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Da parte degli Stati Uniti Blinken ha invece definito “vergognosa” l’operazione dell’Azerbaigian.

La Russia, informata dell’operazione pochi minuti prima dell’intervento da Baku, si è detta “preoccupata per la repentina escalation” in Nagorno-Karabakh e disponibile a lavorare per “riportare il processo su un percorso pacifico”. La portavoce del ministero degli Esteri del Cremlino, Maria Zakharova, citata dall’agenzia di stampa russa Ria Novosti non ha tuttavia mancato di sottolineare che le tensioni nella regione sono responsabilità dell’Armenia, che ha creato “terreno fertile per la politica ostile dell’Occidente contro la Russia” e i suoi alleati. Una dialettica che ricorda quella utilizzata da Mosca per giustificare l’invasione in Ucraina e che segue le recenti esercitazioni militari di Erevan con gli Stati Uniti. Attivi sul campo i quasi 2000 peacekeeper russi che stanno evacuando i civili.

Intanto a Erevan un gruppo di manifestanti sta tentando di prendere d’assalto il palazzo del governo per protestare contro la scarsa iniziativa del primo ministro Pashinian nel supportare gli armeni del Nagorno-Karabakh.

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