Il Ligabue che non ti aspetti. “Dedicato a noi” è forse l’album (il quattordicesimo di inediti e la venticinquesima uscita discografica della sua carriera di oltre 30 anni) più rivoluzionario del rocker di Correggio. Un disco che include in sé riflessioni importanti su temi quali la pandemia, la guerra in Ucraina, gli effetti sempre più disastrosi del cambiamento climatico, la cronaca nera, il femminicidio, la questione dei migranti e la deriva social. “Viviamo una maggiore fragilità sociale”, sentenzia il Liga. Dopo le 100mila persone che a luglio hanno assistito ai due eventi allo Stadio San Siro e allo Stadio Olimpico, l’artista si prepara a tornare sulle scene live con un tour che lo vedrà protagonista prima all’Arena di Verona, il 9 e 10 ottobre, e poi nei palasport.
Il sottotesto di questo disco potrebbe essere “Ligabue fa la rivoluzione”. Da dove nasce questa urgenza?
Credo ci sia il bisogno di sentire nuovamente il concetto del ‘noi’. Un decennio così orribile non l’ho mai vissuto: la pandemia, l’emergenza climatica, i casi orribili e spaventosi di cronaca nera, il femminicidio, l’allarme degli psicologi per i ragazzi della Generazione Z che non ha proprio idea del futuro e da qui le motivazioni dell’incremento dei suicidi. Tutto questo, secondo me, porta a galla un disagio sociale profondo che produce paura e aumenta il senso di solitudine.
“Dedicato a noi” è quindi vero e proprio un manifesto?
Abbiamo bisogno dell’altro e di poter ripensare ai valori e rivedere le nostre convinzioni, per poter andare avanti in un mondo che ci rappresenta poco.
Esiste un “Piano B”?
Evoco un Piano B contro chi, ad esempio, nega l’evidenza del cambiamento climatico. È come ritrovarsi sul Titanic, sapendo però già che c’è un iceberg contro cui schiantarsi. Invece di salvarsi, si fa festa perché ‘tanto non c’è nulla da fare’. C’è un chiaro individualismo. La politica deve fare quello che deve fare perché è evidente che i problemi che ci sono sono frutto di un sistema che non funziona. Non è che il governo possa risolvere tutto ma è giusto che attui le misure giuste di cui necessitiamo.
È un augurio che fai a te e agli altri?
Sì, mi auguro di poter trasferire agli altri un po’ di speranza.
“La cosa che più ci accomuna è la diversità individuale”, canti in “Dedicato a noi”. Perché fa ancora paura il diverso?
Per me la diversità è ricchezza. Questo concetto non passa perché figlio della paura e di un sistema sociale degenerato che di fatto ci rende sempre più soli. Per questo si ha ancora più paura del diverso e di qualcosa che non si conosce bene. Per me la più grossa arretratezza culturale è proprio avere paura di quello che non si conosce.
In “Musica e parole” punti il dito anche contro la deriva social. Cosa ti spaventa?
La tecnologia è fantastica, il problema è l’uso che ne facciamo noi e come noi usiamo i social. Il problema dei social oggi è che in buona parte un ‘commentificio’ dove ognuno a tutti i costi deve dire la sua. Opinioni spesso che non sfociano a nulla, ma sono solo insulti e minacce a tutti i costi. Per questo ognuno pensa che la propria opinione sia assoluta e se qualcuno non la condivide allora è una offesa all’intelligenza. Ho sempre cercato di far parlare il mio lavoro, mi sono sempre tenuto lontano da questo chiacchiericcio. Continuerò a farlo nei prossimi anni.
Per la prima volta tuo figlio Lenny ha suonato la batteria in tutti i brani del tuo album. Appoggi il suo percorso artistico?
Oggi ha 25 anni ma lo ricordo, quando a due anni era seduto con le bacchette e teneva il tempo, ascoltando la musica che girava in casa. L’essere batterista ce l’ha dentro da sempre. È un signor batterista e non sono stato io a dirlo ma Fabrizio Barbacci (produttore e musicista, ndr) che notoriamente sul versante musicale è un rompiballe, molto pignolo. Dunque la sua scelta mi ha reso orgoglioso.
Sei preoccupato per le sue aspettative?
Sono un po’ in apprensione come lo sarebbe qualsiasi genitore, del resto il mondo musicale è molto particolare. Ma lo vedo radicato come ragazzo e musicista, lo scopriremo un po’ vivendo. Faccio il tifo per lui. Non sarò di sostegno perché vorrei riuscisse a farcela da solo.