Vicecampioni d’Europa, favoriti del girone, candidati al titolo. Tutte chiacchiere. L’Inter si ricorda nella maniera più traumatica della sua reale dimensione (squadra forte sì, comunque un outsider quando si esce dai confini, un po’ come tutto il calcio italiano), e di quanto possa essere difficile e tortuoso il cammino in Champions League. Lo fa in una serata da incubo per ottanta minuti a San Sebastian, rasserenata soltanto nel finale dal gol di Lautaro, che regala un pareggio per certi versi anche immeritato all’esordio in Europa: contro la Real Sociedad è solo 1-1.

Sarà il contraccolpo quasi fisiologico dopo la sbornia da derby, il turnover massiccio (e forse un po’ presuntuoso) di Inzaghi, o semplicemente che in Europa nessuna partita è scontata, a meno che non ti chiami Real Madrid, City o Bayern, e l’Inter senza’altro non è a quei livelli. Sta di fatto che i nerazzurri vicecampioni in carica, primi in classifica in Serie A, reduci dal 5-1 contro il Milan, soffrono terribilmente contro la quarta forza del campionato spagnolo. Squadra modesta (l’anno scorso la Roma di Mourinho la eliminò tutto sommato agevolmente negli ottavi di Europa League), eppure corta, scorbutica e al contempo tecnica. Avversario scomodo se non lo si affronta al massimo della concentrazione. E l’Inter non l’ha fatto.

Si parlerà tanto delle scelte di Inzaghi, che al debutto in Champions si è presentato con Pavard, Carlos Augusto, Asllani e Arnautovic titolari, tutti bocciati: evidentemente non era la partita giusta per gli esperimenti. Ma non è solo quello, perché se senza dubbio i nuovi hanno steccato, i vecchi non li hanno aiutati, anzi, da Lautaro (gol a parte) a Barella, passando per Bastoni, autore della papera che ha condizionato tutto il match. Dopo una manciata di minuti il difensore azzurro incespica in disimpegno e consegna il più classico dei rigori in movimento a Mendez. Una topica clamorosa, ma lo svantaggio immediato non è così casuale: i baschi avevano cominciato subito forte in pressing, mentre l’Inter stranamente addormentata. Sarà l’inerzia dell’intera partita.

Accusato il colpo, l’Inter prova faticosamente a rimettersi in carreggiata. La Real sfida i nerazzurri sul loro marchio di fabbrica, la costruzione del basso, che da arma in più si trasforma in un problema, vista l’aggressione famelica dei baschi, che durerà per quasi tutti i novanta minuti. La formazione di Inzaghi è insolitamente slegata, sia nella copertura del campo che nella cucitura delle trame offensive; le punte non riescono a giocare sulla linea del fuorigioco, altissima, e così consegnano la squadra al pressing avversario. Il match si adagia su un andamento lento che non aiuta l’Inter. Anzi, il finale di tempo vede una nuova fiammata spagnola, con Le Normand che non trova la porta di testa da due passi.

Serve una scossa, ma alla ripresa non cambia niente, né gli uomini, né l’atteggiamento: solo un miracolo di Sommer evita il raddoppio di Oyarzabal. Inzaghi non può più esimersi e procede ai cambi inevitabili, rinnegando il turnover: ecco Thuram, Frattesi e Dimarco, poi anche Sanchez per inserire un trequartista in più. Sempre nulla. La situazione rischia di precipitare: l’arbitro Oliver al Var cancella un’espulsione inesistente di Barella, ancora una testata su angolo di Merino accarezza la traversa. L’Inter vacilla, resta a galla, e questo è il suo merito (o fortuna) principale.

Solo nel quarto d’ora finale, quando finalmente calano i ritmi forsennati dei padroni di casa, i nerazzurri entrano davvero in partita. Non è comunque tardi per salvare la serata. Thuram fa centro su assist di Carlos Augusto, è in fuorigioco ma anche un segnale. Dopo un batti ribatti in area, su un diagonale fortuito di Frattesi sbuca Lautaro che riscatta la prestazione opaca e firma l’1-1. A quel punto mancano ancora cinque minuti e l’Inter prova addirittura a vincerla. Sarebbe stato davvero troppo, per entrambe. Il pareggio sarà comunque prezioso in un girone incertissimo come da pronostico (il Salisburgo ha vinto fuori casa contro il Benfica). L’Inter si accontenti di un punto e di aver imparato la lezione.

Twitter: @lVendemiale

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