La grandezza del gesto non sta tanto nella sua esecuzione, quanto nel significato che si porta dietro. Perché nel calcio non c’è niente di più straniante che vedere un portiere gonfiare il sacco avversario. È qualcosa che va oltre la semplice idea di ribaltamento della narrazione. Perché stravolge il senso stesso del gioco. L’uomo che per tutta la carriera non deve far altro che strozzare in gola l’urlo di gioia agli avversari si prende il lusso di far esplodere di felicità uno stadio intero. È il gregario che diventa leader, la retroguardia che diventa prima linea e inizia a suonare la carica. I gol segnati dai portieri trascendono la cronaca sportiva. Tendono alla letteratura. Perché spaccano a metà schemi e moduli, perché riportano tutto a qualcosa di primordiale, legato all’istinto di sopravvivenza, alla capacità dell’uomo disperato di trovare soluzioni ingegnose ed efficaci. E di riuscirci in una frazione di secondo.

Ma le reti dei portieri non sono tutte uguali. C’è chi ha trasformato il gol in prodotto seriale, in un affare da catena di montaggio. Il paraguaiano Chilavert e il brasiliano Rogerio Ceni (129 centri in carriera, un’icona come Baggio ne ha realizzati 220) avevano piedi da trequartisti e mani avvolte dai guanti. Segnavano su punizione, segnavano su rigore. Fino a rendere le loro prodezze non più solo possibili, ma probabili. Proprio come Hans Jörg Butt, ex estremo difensore di Amburgo, Benfica e Bayern Monaco che diventò grande con il Leverkusen, il Bayer luccicante diventato iconico per non aver mai vinto niente. In carriera segnerà 37 reti su rigore, di cui 3 in Champions League. Tutte contro la Juventus. Attaccanti aggiunti più che portieri.

Eppure l’essenza del gol dell’estremo difensore sta nella sua capacità di suonare come una sentenza. Le reti dei numeri uno sono spesso inappellabili. Perché arrivano nei secondi finali, quando la razionalità è stata sovrascritta dalla disperazione, quando la speranza è ormai intaccata dalla paura. Ed è proprio in quegli attimi sospesi fra l’orgasmo e la castrazione che gli italiani hanno assistito per la prima volta a questo cortocircuito. È il 23 febbraio 1992. La Cremonese è sotto per 1-0 in casa dell’Atalanta. Il match è praticamente finito quando Chiorri mette in mezzo dalla destra. La palla vola in mezzo all’area, dritta verso la testa di Michelangelo Rampulla. Il portiere della Cremonese non deve neanche scomodarsi a saltare. Gli basta allungarsi in avanti. La pelle della sua fronte contro il cuoio del pallone. La sfera corre in rete, Rampulla la raggiunge poco più tardi. È la prima volta che nel campionato italiano un portiere segna su azione. “Michelangelo ha fatto il suo capolavoro”, scrive l’Ansa. Per Rampulla il gesto ha un significato molto più profondo. Nel 1985 aveva calciato un rigore in Monza-Cesena. Solo che il suo collega Torresin aveva disinnescato la sua conclusione con un tuffo plastico. Per tutti era finita lì. Ma non per Rampulla, l’uomo cresciuto nel mito di Anastasi e che nel tempo libero leggeva Wilbur Smith e Ken Follet. “Ho aspettato per sette anni e la vendetta è arrivata – dice il giorno dopo – Ho provato tanta gioia per aver regalato ai miei compagni il pareggio che meritavano, e poi non ho capito più nulla, tutti quegli abbracci, baci e i complimenti di Ferron, che è un amico. Ero felice, ma dispiaciuto per lui. Ho pensato alla gente che gli avrebbe detto: ‘Ma guarda questo portiere che si fa superare da un collega!'”.

Molti pensano che la perla di Rampulla sia destinata a restare un unicum. È così per nove anni. Almeno fino a pomeriggio del primo aprile 2001. A Reggio Calabria arriva l’Udinese. I friulani sono in vantaggio per 0-1. Poi all’ottantottesimo Mamede batte un calcio d’angolo. Nel cuore dell’area avversaria Massimo Taibi, uno che qualche tempo prima sembrava avere le stimmate del fenomeno ma che si era perso fra Milan e Manchester United, osserva la traiettoria. Il portiere fa un passo, due passi, tre passi. Poi stacca di testa anticipando il suo marcatore, Bertotto. La palla finisce in rete. Sembra un pesce d’aprile. E forse lo è veramente. Fatto sta che la Reggina pareggia una partita che sembrava persa. Il Granillo deflagra in un grido di gioia, si illude di potersi salvare davvero. Non ce la farà, ma quel pomeriggio è entrato comunque nella storia.

Il primo gol di un portiere italiano fuori dai confini nazionale arriva dopo cinque anni. Il Livorno è in Europa League. E già questa è una notizia. Nella seconda gara del girone (che comprendeva anche Rangers e Auxerre), contro il Partizan Belgrado, i toscani sono sotto di un gol di Mirosavljević a 20’ dalla fine. Ora i serbi devono solo aspettare. Invece a tre minuti dal novantesimo il pallone arriva al centro della loro area. Il Livorno gioca con la maglia amaranto, ma la sfera arriva a un uomo in maglia gialla. È Marco Amelia. Qualche mese prima aveva vinto il Mondiale con l’Italia, ma era rimasto in provincia. Il portiere salta, spizza di testa, esulta. Perché ha segnato l’1-1 che ha congelato il match.

L’ultimo portiere italiano a segnare una rete è stato Alberto Brignoli. Il 3 dicembre 2017 il Milan affronta il Benevento. È una partita che mette di fronte due deluse. I campani hanno perso quattordici partite su quattordici. I rossoneri hanno esonerato Montella e hanno affidato la panchina a Gattuso. Lo svolgimento della gara è il risultato di queste due tensioni confliggenti. Il Diavolo riesce però ad andare avanti. Gol di Bonaventura e Kalinic inframezzati dalla rete di Puscas. A 15’ dalla fine Romagnoli si fa espellere. E la partita diventa una sofferenza. Al quinto di recupero il Benevento calcia una punizione dalla sinistra. La palla è lontana dalla porta avversaria. Molto. Ma Cataldi la fa arrivare al centro dell’area. Brignoli si butta in tuffo, colpisce la sfera con la forza della disperazione. E disegna una parabola incredibile. Donnarumma non si muove nemmeno. Raccoglie direttamente il pallone in fondo al sacco. È un giorno storico. Quello dell’ultima rete di un portiere italiano. Almeno fino a ieri, fino a quando Provedel non ha segnato contro l’Atletico Madrid. Una prodezza che gli era riuscita 2 anni e mezzo fa, quando con la maglia della Juve Stabia segnò all’Ascoli. Ma la rete all’esordio in Champions League ha decisamente un altro sapore.

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