Il gol di Manolo Portanova, condannato in primo grado per violenza sessuale, “mette a tacere le polemiche”: è quello che sabato scorso gli ascoltatori di “Tutto il calcio” su Radio 1 hanno dovuto sentire durante la radiocronaca di Nicola Zanarini che commentava la partita di Serie B Reggiana-Cremonese. Un commento agghiacciante e decisamente inappropriato che ha portato la Rai ad aprire un procedimento disciplinare nei confronti di Zanarini. A distanza di qualche giorno la studentessa che ha denunciato lo stupro di gruppo avvenuto nel 2021 in un appartamento di Siena ha deciso di intervenire, con una lettera al quotidiano La Nazione: “Se un gol riabilita da uno stupro e si festeggia non abbiamo speranza“, ha scritto in un passaggio del suo lungo sfogo.
Portanova è stato condannato a sei anni con rito abbreviato insieme allo zio Alessio Langella. Tra qualche mese il giocatore dovrà affrontare il processo d’appello al Tribunale di Firenze. Dopo la sentenza di primo grado, l’ex Juve era stato messo fuori rosa dal Genoa. Nel gennaio scorso era stato respinto dai tifosi del Bari, squadra con cui era in trattativa, e anche il suo trasferimento estivo a Reggio Emilia aveva scatenato numerose contestazioni e critiche. Portanova è comunque tornato a giocare con la Reggiana, visto che l’ordinamento sportivo ad oggi non prevede la sospensione per fatti che non riguardano appunto la sfera sportiva. Portanova proprio su questo punto ha vinto il ricorso al tribunale federale nazionale. La giudice di Siena Ilaria Cornetti nelle motivazioni della condanna ha evidenziato che “i rapporti sessuali sono stati ripetuti e in alcuni momenti contemporanei, la ragazza è stata colpita con schiaffi, ha riportato lesioni in termini di malattia organica e psichica“.
“Mi chiedo se il radiocronista Nicola Zanarini abbia una moglie o delle figlie. In tal caso mi chiedo: se fossero state loro al posto mio queste parole dovute ’alla gloria di fronte ad un gol’ gli sarebbero scappate ugualmente? E loro lo avrebbero ipoteticamente scusato nel sentirgliele pronunciare?”, scrive a La Nazione la studentessa, probabilmente facendo riferimento alle successive scuse di Zanarini. “Non si tratta di sentirsi offesa, si tratta di realizzare ancora una volta quanto manchi il rispetto per le vittime di violenza sessuale e in questo caso il rispetto per tutte le donne. Si tratta di sentirsi amareggiata e arrabbiata – prosegue la giovane –, comprendendo che siamo ben lontani dal cambiamento. È altresì deprimente notare come il maschilismo patriarcale, di cui tutto ciò è intriso, affonda le radici in affermazioni come queste”.
La studentessa racconta la sua voglia di non mollare: “Ed è in momenti così che mi chiedo se noi donne siamo ancora ben lontane dal far valere le nostre battaglie… ma noi siamo una ’famiglia’ unita, non fermiamoci mai di fronte a tutto questo! Si tratta di soffrire di fronte a certe affermazioni, comprendendo che probabilmente è vero, quello della violenza sulle donne è un fenomeno ancora preso molto, anzi moltissimo alla leggera, nel nostro Paese. Si tratta di fare un piccolo passo avanti e farne 5 indietro a causa di un risveglio domenicale in cui la prima cosa che vedo è una radiocronaca in cui vengo tirata in ballo pure se non c’entro nulla, in cui la mia battaglia viene sminuita di fronte ad un gol, in cui si parla di polemica e non di una condanna in primo grado a 6 anni. Ricordo con rito abbreviato”.
“Se un gol riabilita da uno stupro e si festeggia non abbiamo speranza”, sottolinea quindi la giovane. “Oltre al dolore che vivo giornalmente come vittima di una violenza di gruppo e a tutte le difficoltà ad esso annesse – prosegue la lettera – voglio fare riferimento alle parole di una donna a me sconosciuta ma che ringrazio: mi chiedo se sia giusto e di buon esempio per la nostra società, per i giovanissimi e per le donne del nostro Paese, consentire un ruolo di tale visibilità, se è il caso di porlo come figura eroica ai giovani della sua squadra e pure alle giovani tifose. La presunzione d’innocenza non può non tenere conto di tutto questo. Soprattutto non può non tenere conto alla sofferenza della vittima e della famiglia. Non a caso si parla di cultura dello stupro”. Conclude la studentessa: “Ringrazio chi mi è vicino, ringrazio la (fortunatamente) maggior parte delle persone che ha reagito a tale episodio, ringrazio la mia famiglia che colma di dolore non si è trattenuta di fronte all’ennesima pugnalata e infine ringrazio tutte le donne. Loro sanno il perché”.