Due giorni interi di agonia in Pronto soccorso per un’occlusione intestinale curata con grave ritardo: gli esami effettuati dopo 14-15 ore, l’operazione eseguita dopo quasi 21 ore, gli errori diagnostici, poi una serie di arresti cardiaci e, infine, la morte. Così, a soli 12 anni scomparve Francesco Palomino Conga, il 30 dicembre 2019. Come riferito da il Giorno e la Repubblica, a quasi quattro anni di distanza, il giudice di Lodi ha riconosciuto le responsabilità dell’Asst Melegnano e Martesana, stabilendo un risarcimento economico alla famiglia del bambino morto all’ospedale di Vizzolo Predabissi. È ancora in corso il procedimento penale a carico di un medico dell’ospedale.

Francesco entrò al pronto soccorso il 28 dicembre alle 5.41 di mattina, in preda a fortissimi dolori all’addome. Dovette però attendere oltre 14 ore prima di venire sottoposto al necessario esame radiologico e 15 ore per avere un’ecografia, che evidenziò un blocco intestinale con necessità di operare. L’intervento, però, cominciò solo alle 2.30 del 29 dicembre: gli vennero asportati 38 centimetri di intestino, ma era già troppo tardi. Francesco fu ricoverato in terapia intensiva: il giorno dopo ebbe un infarto intestinale che gli causò una serie di arresti cardiaci e lo portò alla morte. L’intera comunità di Cervignano d’Adda, di cui era originario il ragazzino, fu profondamente colpita da quella tragedia.

Il giudice, citando una perizia tecnica, ha parlato di “evidenti errori di diagnostica” e “inesplicabili ritardi terapeutici“. “La gestione del paziente da parte di tutti i sanitari che lo ebbero in cura è stata caratterizzata, sin dall’inizio, da un atteggiamento superficialmente attendistico e, di conseguenza inadeguato”. Delle vere e proprie “non scelte”, quelle del personale sanitario, che “hanno condotto a un progressivo peggioramento del paziente” e hanno portato a “una diagnosi certa con estremo ritardo quando il quadro clinico era ormai seriamente compromesso e, quindi, con una quasi inevitabile prognosi negativa”. Le probabilità di sopravvivenza all’inizio erano pari al 100% e rimanevano comunque al 90% in caso di intervento entro la sera del 28 dicembre. Insomma, “Francesco poteva salvarsi, c’è scritto nero su bianco”, sottolinea l’avvocato della famiglia, Giuseppe Badolato. “Certe volte anche come avvocato faccio fatica a sostenere certe emozioni, in questo caso siamo davanti all’ennesima vita rubata“.

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