Calcio

Caso Portanova, ora lo dice una sentenza: un condannato per stupro può giocare a calcio. “La Figc non ha mai previsto una norma”

Uno stupro non fermerà l’esultanza sotto la curva. Quella di Manolo Portanova, ex calciatore del Genoa ora in prestito alla Reggiana, condannato in primo grado a sei anni per violenza sessuale di gruppo, tranquillamente in campo e addirittura in gol sabato scorso nel match contro la Cremonese. Tutto regolare: la Figc non vuole processarlo, perché non può. La Corte federale d’appello ha appena ribadito che nel calcio italiano non esiste una norma che punisca a livello sportivo un reato così grave. Anche perché la Federazione non l’ha mai adottata.

Da mesi va avanti un tira e molla istituzionale sul caso Portanova. Dopo la sentenza del dicembre 2022, la Procura generale dello Sport (cioè il Coni) aveva immediatamente chiesto alla Federcalcio di valutare le ricadute sportive della nota vicenda di cronaca che ha coinvolto il calciatore, responsabile per aver – come si legge nei documenti giudiziari – “nella notte tra il 30 e il 31 maggio 2021, in concorso con altri soggetti ma ciascuno di essi con un proprio autonomo apporto causale, dopo aver fissato un appuntamento e aver ottenuto la presenza di una giovane donna (…), abusato sessualmente di costei inducendola con violenza a compiere e/o subire atti sessuali, nonché, nell’occasione colpito – altresì – la stessa con forza in più parti del corpo, scattando foto e riprendendola durante gli abusi esercitati”. La richiesta del Coni sembrava ovvia ma si è scontrata con le ripetute resistenze federali.

Già a febbraio 2023 la Procura Figc aveva comunicato l’archiviazione, causando un primo ricorso da parte del Coni. Stesso esito a maggio, prima nel merito, poi per scadenza dei termini. Tanto che a giugno la Procura generale dello Sport aveva deciso di avocare il procedimento, costringendo di fatto la Federazione a celebrare il processo. Niente da fare: ad agosto il tribunale federale ha proclamato il suo difetto di giurisdizione, e ora, di fronte all’ennesima impugnazione della Procura del Coni che non si è rassegna, è arrivata anche l’ultima parola in appello. La sentenza è chiara: Portanova, condannato dalla giustizia ordinaria, non è colpevole di fronte alla giustizia sportiva.

I membri della corte presieduta dal giudice Torsello spiegano pure il motivo. Innanzitutto perché la condanna non è passata in giudicato, caso in cui scatterebbe in automatico la sospensione. La Procura del Coni ha provato a trovare una norma che facesse al caso, ma il contratto collettivo dei calciatori riguarda solo il rapporto di lavoro. E il decreto legislativo 2021, che impegna le Federazioni a redigere un codice anti-molestie e poteva venire in soccorso, non è mai stato attuato dalla Figc. La conclusione è abbastanza amara, e surreale: “Resta confermato che, allo stato, l’ordinamento endo-federale non conosce una norma sanzionatrice di condotte pur assolutamente riprovevoli come quella ascritta al reclamato”. “Occorre al tempo stesso – proseguono i giudici – sollecitare fortemente il legislatore sia endo che eso-federale ad adottare con estrema urgenza, in relazione all’ambito proprio di attività, le iniziative necessarie a porre rimedio a quella che ormai appare una non più tollerabile aporia del sistema”. Ma tant’è. A questo punto la Procura del Coni potrebbe fare teoricamente ancora ricorso (sarebbe il quinto) per andare al Collegio di garanzia, anche se non ci sono precedenti: non è mai successo che un procedimento avocato dal procuratore generale non trovasse soddisfazione in sede federale. Come stavolta con la Figc.

La sentenza arriva proprio pochi giorni dopo il ritorno al gol di Portanova, celebrato con entusiasmo da tifosi e commentatori, e la lettera aperta scritta dalla vittima contro la riabilitazione dello stupro per una rete . Ma la ragazza purtroppo si deve rassegnare: almeno in attesa dei prossimi gradi di giudizio, lo “spettacolo” rischia di ripetersi ogni domenica.

Twitter: @lVendemiale