Neuralink potrà ora sperimentare i suoi chip neurali sugli esseri umani. Il via libera – comunica l’azienda – è arrivato “da un comitato di revisione istituzionale indipendente”. A maggio – dopo diversi dinieghi – era arrivato l’ok dell’ente regolatore statunitense Food and Drug Administration (Fda). Ed ecco che la start-up co-fondata da Elon Musk nel 2016 ha già annunciato di essere alla ricerca di volontari per i test. “Siamo entusiasti di annunciare che è aperto il reclutamento per il nostro primo studio clinico sull’uomo”, si legge sul profilo X e sul sito di Neuralink. Ci vorrà del tempo, ma l’azienda è convinta di poter raggiungere il suo obiettivo: consentire alle persone affette da paralisi di controllare dispositivi esterni con la forza del pensiero. Nel frattempo, c’è già chi scherza sulle possibili candidature: rispondendo a un tweet che riportava la notizia, il leader di Azione Carlo Calenda ha proposto un nome: “Matteo Salvini?”.
La sperimentazione è stata ribattezzata “Prime Study”, acronimo di “Precise robotically implanted brain-computer interface”. A quanto afferma l’azienda, il suo obiettivo è valutare la sicurezza dei chip neurali e del robot chirurgico che li impianta. Ai candidati verrà infatti posizionato un dispositivo di interfaccia cervello-computer (chiamato “N1”) nella regione dell’encefalo che controlla l’intenzione del movimento. Il chip è esteticamente invisibile e potrà registrare e trasmettere segnali celebrali, in modalità wireless, a un’app in grado di decodificare la volontà del movimento. Il dispositivo permetterà ad esempio di controllare con il pensiero il cursore di un mouse o la tastiera di un computer: nulla di troppo diverso da quanto fatto con le scimmie, cui era stata data la facoltà di muovere un puntatore e giocare a Pong. Per gli esseri umani i vantaggi sarebbero evidenti, soprattutto nella cura di malattie, come la Sla, che richiedono un computer per comunicare. “Immaginate se Stephen Hawking lo avesse avuto a disposizione”, ha commentato Musk.
I candidati per il trial clinico devono avere almeno 22 anni, devono essere residenti negli Stati Uniti e devono soffrire di particolari patologie che comportano paralisi, perdita di vista o udito o incapacità di parlare. Necessario anche un “caregiver regolare e affidabile” da coinvolgere nello studio. “Se soffri di quadriplegia a causa di una lesione del midollo spinale cervicale o di sclerosi laterale amiotrofica (Sla), potresti essere idoneo”, si legge sul profilo X e sul sito dell’azienda. Neuralink non ha ancora fatto sapere quando partiranno le sperimentazioni, né il numero esatto di partecipanti. Inizialmente sperava di avere l’approvazione per impiantare il chip in dieci pazienti, ma dopo i ripetuti rifiuti dell’Fda avrebbe negoziato per un numero inferiore. I volontari parteciperanno prima a uno studio di 18 mesi che prevede nove visite. Dopodiché, trascorreranno un minimo di due ore alla settimana in sessioni di ricerca e faranno altre venti visite nei cinque anni successivi. Nel complesso, la sperimentazione richiederà circa sei anni. E tuttavia – sostiene Reuters – anche se il dispositivo si dimostrasse sicuro per un uso umano, si prevede una tempistica di oltre un decennio prima che Neuralink autorizzi all’uso commerciale.
Quella di Musk non è l’unica azienda di neurotecnologie, basti pensare a competitor come Paradromics e Neurosity. Si tratta di un settore ricco di sviluppi ed esperimenti. Pochi mesi fa, ad esempio, alcuni ricercatori svizzeri sono riusciti a far camminare una persona paralizzata da 12 anni dopo un incidente stradale impiantando un’interfaccia cervello-colonna vertebrale, ossia una tecnologia che consente al cervello di dare comandi agli arti con la sola forza del pensiero. Per dirla con Musk, “quando un Neuralink verrà combinato agli arti del robot Optimus, la mano di Luke Skywalker diventerà reale”: un riferimento, questo, al robot umanoide che ha svelato qualche mese fa e al celebre personaggio di Star Wars.
Nel frattempo, il sito Business Insider ha reso noto che un gruppo che sostiene la ricerca scientifica etica, il Physicians Committee for Responsible Medicine (Pcrm), ha chiesto di avviare, negli Stati Uniti, un’indagine su Musk. Sotto accusa la sua recente affermazione secondo cui nessuna scimmia sarebbe morta a causa del chip cerebrale. Nel 2022, infatti, il Pcrm ha rivelato di aver ottenuto documenti dalla Davis University, l’istituto californiano dove sono stati condotti gli esperimenti di Neuralink: tali documenti evidenziavano le “sofferenze estreme” sperimentate dalle scimmie “a causa della cura e degli impianti sperimentali altamente invasivi”. L’ispettorato generale del dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti aveva pure aperto un’indagine federale su presunte violazioni dell’Animal Welfare Act, che regola il modo in cui i ricercatori trattano e testano gli animali: la pressione di Musk per accelerare lo sviluppo dei chip avrebbe portato al fallimento di numerosi esperimenti, causando la morte di più di 1.500 animali tra pecore, maiali e scimmie.
In effetti, l’autorizzazione a sperimentare chip neurali sugli esseri umani era stata più volte negata dall’ente regolatorio statunitense Fda, prima del via libera lo scorso maggio. Si segnalavano possibili rischi per la salute degli animali e delle persone. Tra questi, il pericolo di avvelenamento causato dall’uso di batterie al litio nei chip, la possibilità che i fili del dispositivo si spostino e compromettano l’attività cerebrale, nonché la difficoltà a rimuovere l’impianto senza danneggiare il tessuto cerebrale. E ancora, a febbraio il ministero dei Trasporti statunitense aveva aperto un’indagine contro Neuralink, accusata di aver gestito in modo pericoloso alcuni dispositivi contenenti agenti patogeni prelevati dalle scimmie, durante una collaborazione con l’Università della California.