Bloccare una strada vuol dire prendersela con persone che non possono cambiare la politica del governo. Vuol dire alienarsi le simpatie di persone che potrebbero essere dalla nostra parte. È una forma leggera di violenza ma comunque è una forma di violenza. Come si sente una persona che non può raggiungere chi ama? Che non può presentarsi in orario ad un appuntamento? Che non può andare dove vuole?

Il blocco stradale non produce simpatia per la causa ambientale. Produce la sensazione di vivere in una società nella quale le regole non vengono rispettate. Queste forme di lotta danneggiano il movimento contro l’Apocalisse climatica. Negli anni ’70 facemmo l’errore di utilizzare blocchi stradali e cortei in grande quantità e a lungo come una forma principale di opposizione al potere. Credo che questa scelta abbia grandemente contribuito alla sconfitta del movimento progressista e alla perdita di sostegno da parte di molte persone. Per fortuna una parte considerevole del movimento capì che dovevamo opporci facendo e non gridando. Nacquero così centri culturali, gruppi d’acquisto, cooperative, iniziative di volontariato e solidarietà, commercio equo e solidale, finanza etica, imprese etiche; e moltissime persone cambiarono stile di vita a volte scegliendo di inventarsi nuovi lavori, scegliendo perfino di abbandonare le città e vivere a più stretto contatto con la natura… Tutte azioni che hanno rafforzato la cultura della collaborazione e aumentato la fiducia nel futuro. Abbiamo perso lo scontro con lo Stato ma abbiamo creato modi di pensare, di vivere e di consumare che in 40 anni hanno cambiato la vita di milioni di persone.

Il vostro impegno si muove in un’altra direzione. Se la mia quotidianità viene sconvolta dall’impossibilità di muovermi liberamente, la mia reazione sarà di paura e di rabbia. Chi non si sente coinvolto dalla lotta per fermare il disastro climatico è per lo più una persona spaventata, assillata da problemi quotidiani, che sta perdendo la speranza di una vita migliore per sé e per la propria famiglia e che quindi non è disponibile a impegnarsi in una lotta che vede destinata alla sconfitta come vede destinato alla sconfitta l’impegno per migliorare la sua condizione individuale. È una persona che ha perso la fiducia negli altri e la speranza che unendo le forze con altri esseri umani si possa cambiare qualche cosa.

Aumentare la paura e la mancanza di fiducia è un errore. Anche il nome che avete scelto, Ultima Generazione, contiene il tentativo di risvegliare le coscienze attraverso la paura. Ultima Generazione è un termine che evoca l’idea che ormai non ci sia nulla da fare e ci resti solo la possibilità di rendere visibile la nostra disperazione infrangendo le regole sociali. Il sottotesto, il meta-messaggio è: “Ti punisco bloccando il traffico perché anche tu, cittadino qualunque, sei colpevole perché non ti sei ribellato!”.

Abbiamo invece bisogno di dire che è ancora possibile fermare il disastro, abbiamo bisogno di far conoscere tutte le esperienze positive che in questo momento centinaia di milioni di persone in tutto il mondo stanno mettendo in pratica. Certamente abbiamo bisogno di forme di lotta forti. E dobbiamo inventarle. Ma ripercorrere gli errori del passato non è astuto. L’esperienza di Gandhi e di Martin Luther King dimostra che è possibile inventare tattiche capaci di raccogliere il consenso, aumentare la partecipazione, emozionare gran parte della popolazione e dare speranza.

Ps. In questi giorni ha grande successo in rete il dialogo tra un giovane che aveva partecipato a un blocco stradale e un giovane poliziotto. Quale messaggio esce vincente da questo dialogo?

Pps. Per inciso vorrei proporre al governo di nominare quel giovane poliziotto a capo della polizia. È portatore di una cultura del dialogo e dell’ascolto che grandemente gioverebbe alle forze dell’ordine. Le sue parole pacate, sensate, la sua capacità di ascoltare senza prevaricare, il suo desiderio evidente di essere capito hanno portato alla polizia, a costo zero, più consenso di molte grandi campagne di comunicazione. Non era mai successo che un’azione così piccola come una semplice conversazione avesse dato tanto vantaggio alle forze dell’ordine.

Ppps. Non ci sono più i poliziotti di una volta!

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