Tre partite in un giorno solo. “E capirai” si dirà oggi, in tempi di pay per view, di tablet e di smartphone che se vuoi un bouquet con Premier League da un lato, Liga dall’altro e una partita del campionato delle Vanuatu dall’altro, giusto per gradire, basta un clic. E invece no, nel 1989 seguire tre partite in un giorno solo, peraltro dal vivo (o quasi) era effettivamente come sarebbe andare oggi dall’Old Trafford al Korman Stadium di Port Vila, Isole Vanuatu. Ma c’è chi l’ha fatto, come Andrea Novelli, e l’ha scritto in un libro con l’unico titolo possibile per raccontarlo: “Il calcio come esperienza religiosa”. Già scrittore di thriller e di gialli, Novelli è passato da arsenico e vecchi merletti a sciarpate e caffè borghetti, raccontando il suo 19 aprile 1989, il giorno delle tre semifinali europee nel raggio di poche centinaia di chilometri: Sampdoria-Malines a Marassi per la Coppa delle Coppe, Milan-Real Madrid a San Siro per la Coppa dei Campioni, Bayern Monaco-Napoli all’Olympia Stadium per la Coppa Uefa.
E poi chiaramente oltre al calcio c’è la dimensione umana di una giornata indimenticabile: “Di tre ragazzi a bordo di una Fiat Uno che contano di vedere due partite importantissime allo stadio…e senza pagare perché all’epoca eravamo tutti e tre arbitri Aia e quella tessera dava la possibilità di entrare allo stadio, ma solo in manifestazioni Figc (e previa disponibilità di posti). Ovviamente le coppe europee erano manifestazioni Uefa e quindi non avrebbero dovuto farci entrare…ma erano gli anni ’80, le maglie erano molto più larghe e i regolamenti molto meno rigidi. Noi decidemmo di provarci comunque confidando nel buon cuore di chi era al cancello, peraltro in gare come quella di Genova, con il Ferraris che poteva ospitare metà capienza, e quella di Milano con San Siro strapieno: ci riuscimmo e lo possiamo raccontare”.
Raccontare un calcio che non c’è più ma che ancora oggi lega praticamente tutti quelli che l’hanno vissuto: “Chi ha letto il mio libro mi ringrazia proprio perché il calcio fa da filo conduttore a un periodo bello, ad anni felici. Io stesso quando voglio vedere dei bei gol vado su Youtube a guardare le prodezze di quel periodo: sembra ci fosse più estro, più talento “innato” e non solo allevato a scuola calcio. E poi parliamo di un periodo in cui l’Italia portava 28 finaliste e 15 trofei europei in 10 anni, ma non solo con Milan, Inter e Juve, ma anche col Parma, col Napoli, con la Sampdoria, il Bari che vinceva la Mitropa e poi in finale il Toro, la Fiorentina…eravamo veramente i migliori. Difficile rivedere quei tempo…poi certo, uno ci spera”. Già, ci si spera…con lo sguardo rivolto a Buenos Aires e che D10S, Eupalla o chi per loro ci mettano mano, o piede, giusto per restare in tema.