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Il caso Attanasio sulla scrivania di Guterres: la convocazione dell’ambasciatore italiano all’Onu è ingerenza? Cosa dicono gli esperti

Giovedì 14 settembre: durante l’udienza in corso a piazzale Clodio sul procedimento Attanasio, l’avvocato Bruno Andò che difende l’imputato Rocco Leone, funzionario del Programma alimentare mondiale, ha informato i presenti che poche ore prima il rappresentante permanente italiano presso le Nazioni Unite, l’ambasciatore Maurizio Massari, era stato convocato dall’ufficio legale del Segretario generale Antonio Guterres “per chiedere chiarimenti, in tema di immunità, sul perché l’Italia stia proseguendo nel procedimento a Roma a carico di due funzionari Pam accusati di omicidio colposo per la morte in Congo dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci”, come riportato dall’agenzia Ansa. Una convocazione che dunque la difesa ha esibito come elemento a favore del proprio assistito.

Ciò, se da un lato dimostra che fuori dall’Italia l’attenzione sul caso Attanasio è massima, fino a interessare l’ufficio legale del segretario generale dell’Onu, dall’altro solleva domande, in particolare per chi nel procedimento è parte lesa: dopo l’udienza, l’ingegnere Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore, ha protestato dopo quanto avvenuto domandando se un tale “intervento a gamba tesa” non vada a ledere la sovranità dello Stato italiano e l’autonomia della magistratura.

Ma come può essere letta e interpretata questa convocazione? Vi si può davvero leggere una pressione o addirittura un’ingerenza in affari interni? Ilfattoquotidiano.it ha posto la domanda a due esperti di diritto internazionale. Secondo Giuseppe Cataldi, professore ordinario di Diritto internazionale all’Università di Napoli “L’Orientale”, condirettore e fondatore della rivista Diritti umani e diritto internazionale, “tutto va verificato e accertato in un procedimento giudiziario, come sta accadendo. In ogni caso, le immunità sono sempre da garantire purché non vadano a incidere sui diritti fondamentali della persona, che sono sempre preminenti. Vanno sempre messe in equilibrio queste due esigenze: rispetto della persona, dello Stato o dell’organizzazione internazionale da un lato e tutela dei diritti umani dall’altro. Ma quando la bilancia pende più dalla parte della tutela dei diritti umani, allora l’immunità cessa. Per ora siamo sul piano delle verifiche, i fatti sono da ricostruire e da valutare da parte del giudice. Ricordo il caso Calipari, dove ero stato consulente della famiglia: ucciso da fuoco amico, alla fine la Cassazione italiana riconobbe l’immunità al soldato statunitense che sparò. Secondo me in quel caso l’immunità non c’era, ma ad ogni modo la sussistenza o meno delle condizioni dell’immunità vanno vagliate e verificate da un giudice, come avvenne allora e come sta accadendo adesso nel caso Attanasio”. E aggiunge: “Il fatto che l’ufficio legale del segretario generale delle Nazioni Unite convochi il nostro rappresentante permanente non è un passo gradevole. Difficile valutare se sia usuale o meno, poiché non ci sono molti precedenti e manca una casistica. Si tratta di vedere qual è stato il tono dell’incontro, se meramente conoscitivo o se invece è stato voluto per condizionare il pronunciamento delle autorità giudiziarie italiane, che sono e devono restare indipendenti da ogni interferenza. Se così fosse, ovviamente non sarebbe un fatto positivo. Sono certo che il nostro diplomatico, l’ambasciatore Massari, avrà risposto ricordando l’indipendenza della magistratura da ogni altro potere”.

Più spostato sulle posizioni dell’Onu è invece Francesco Salerno, direttore responsabile della Rivista di diritto internazionale e professore ordinario all’Università di Ferrara, dove insegna Diritto internazionale e Diritti umani e diritto umanitario nei conflitti armati. “Quella dell’ufficio legale dell’Onu non è un’interferenza – spiega a Ilfattoquotidiano.it -, ma una mossa che si comprende giuridicamente, perché le Nazioni Unite, sulla base dei trattati che vigono fra Italia e Onu (Convenzione Onu del 1946) e fra Italia e Fao (che si estende anche al Pam), ha l’obbligo di rispettare la cosiddetta ‘immunità funzionale‘ degli individui che ricoprono funzioni pubbliche in queste organizzazioni internazionali”. Per spiegare la sua posizione, il professore fa un paragone col caso Regeni: “In quel caso si trattava di funzionari di Stati esteri e non di organizzazioni con cui l’Italia ha accordi specifici. Inoltre, nel caso Regeni si tratta di atti deliberati finalizzati al crimine di tortura, mentre qui si parla di omicidio colposo, che non è un crimine internazionale. Una parte della teoria e una parte della prassi giuridica ritiene che in casi di gravi violazioni (come nel caso di tortura) si possa e si debba derogare al privilegio immunitario. Ma, per quanto emerso finora, ciò non vale nel caso Attanasio. In sintesi, il ‘richiamo’ o ‘colloquio’ a cui è stato convocato l’ambasciatore Maurizio Massari a New York, in base alle informazioni che ho, rientra nella cornice di ciò che l’Onu può fare, un’iniziativa che l’organizzazione internazionale prende a tutela dei propri funzionari. Il passo ufficiale dimostra il ‘malumore’ dell’organizzazione internazionale che ritiene non siano stati rispettati i diritti che vigono fra l’organizzazione stessa e l’Italia”.

Vale la pena ricordare, come sottolinea nella memora difensiva sul tema dell’immunità l’avvocato Rocco Curcio, legale della famiglia Attanasio, che nei testi delle convenzioni internazionali citate si afferma che “i privilegi e le immunità sono concessi ai funzionari esclusivamente nell’interesse delle Nazioni Unite e non a loro vantaggio personale”: proprio per evitare abusi, in ciascuno degli accordi di cui parliamo è previsto che qualora l’immunità possa ostacolare l’azione della giustizia, il privilegio debba essere certamente revocato. Anche perché stiamo parlando della più importante organizzazione a livello mondiale preposta alla salvaguardia della pace e del diritto internazionale.

Twitter: @simamafrica e @GianniRosini