Cronaca

Il “cinico teatrino” sul confine tra Italia e Francia: “Respingimenti? Alla fine passano tutti i migranti”. Il videoreportage da Ventimiglia

Sono circa 300 le persone ferme a Ventimiglia in attesa di eludere i controlli e passare la frontiera con la Francia. “È un numero in linea con la media del periodo – spiega Costanza Mendola, operatrice socio legale della Diaconia valdese – molti vengono da Lampedusa ma non si vede un aumento vertiginoso. Si tratta comunque di un fenomeno strutturale che va avanti da anni, non si può parlare di emergenza”. In questi giorni il ministro dell’Interno francese, Gérald Darmanin, per l’ennesima volta, ha annunciato un rafforzamento dei controlli. “Parla di 120 agenti in più e la realizzazione di un altro spazio per i migranti da respingere in Italia – contestualizza l’operatore umanitario Jacopo Colomba – ma qui il confine è sempre militarizzato. Il numero degli agenti varia in base alle esigenze di ordine pubblico o di propaganda del governo francese”.

Dal lato italiano della frontiera, la totale mancanza di supporto ai migranti in transito viene comoda a chiunque voglia schiamazzare “ci lasciano soli”. Sul fronte francese, le esibizioni muscolari dei gendarmi servono a Macron per mandare un messaggio di “controllo e sicurezza” all’estrema destra che gli contesta di “fare entrare tutti” e a una buona parte di opinione pubblica che gli va dietro. Dal 2015, la libera circolazione interna alle frontiere europee imposta da Schengen è di fatto sospesa con l’alibi della “sicurezza nazionale”, le persone vengono fermate in base al colore della pelle. Chi viene sorpreso senza i documenti necessari a circolare in Europa viene respinto. Quando va bene con modalità discutibili, quando va male con la forza. “Ma è tutto un cinico teatrino – commenta sconfortato Christian Papini, responsabile della Caritas di Ventimiglia – a livello locale vediamo i respingimenti, ma numeri alla mano passano tutti”.

A Ventimiglia ci sono sempre circa 2-300 persone in transito, tra chi arriva e chi viene respinto, ma il turn-over è continuo. “Il 95% di chi raggiunge la frontiera passa – conferma Colomba mostrando i dati Eurostat degli ultimi otto anni – La sola Francia, sia in percentuale alla popolazione, sia in numeri assoluti, si fa carico di più del doppio delle richieste di protezione umanitaria di quelle seguite dall’Italia. E non sono sbarchi, ma persone che passano da qui”. Malgrado quanto avviene nei primi chilometri dopo il confine, nel 2022 il numero di richiedenti per milione di abitanti è di 2.000 in Francia, 1.300 in Italia (rispettivamente lo 0,2% e lo 0,1% della popolazione nazionale). Le frontiere italiane sono sostanzialmente spalancate. Anche se sarebbero obbligati a farlo dal discusso regolamento di Dublino, pochissimi, tra i migranti che sbarcano in Italia, chiedono asilo qui. Nella classifica del numero di richiedenti asilo presi in carico dai paesi comunitari, l’Italia è ventesima. “Se il sistema ufficiale dei ricollocamenti va a rilento – spiega Mendola – le persone si ‘ricollocano’ autonomamente”.

Intanto, sui monti della Val Roja e nei paesi sopra a Mentone, i mezzi dell’operazione anti-terrorismo “Vigipirate” girano da anni. Droni, per ora, non se ne sono visti, ma telecamere e camionette sorvegliano già il termine dei sentieri.
Eppure, mentre i riflettori (e le telecamere) sono puntate sul ‘palcoscenico’ dell’’ordinaria emergenza’, la maggior parte dei sans papier il confine lo attraversa in macchina, lungo le autostrade, dove i controlli sono più unici che rari. Per farlo è sufficiente avere un contatto disposto a venirti a prendere. Il rischio di essere fermati è reale, ma si abbassa se si ha l’accortezza di non uscire al primo svincolo. Chi viene arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, in genere, svolge questo “servizio” in maniera continuativa. La chiusura delle frontiere alimenta il business dei passeur, che non chiedono meno di 150 euro per farti passare. Si può provare anche nascondendosi sui treni, salendo sui tir o percorrendo valichi di montagna. Ma meno si paga più si rischia. Fa tutto parte della violenta pantomima inscenata su entrambi i versanti del confine.
Ogni giorno vanno in scena respingimenti collettivi dei migranti trovati nei primi chilometri di territorio transalpino, minori compresi. Pratiche di riammissione che diverse sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’ultima giovedì scorso, hanno dichiarato illegittime. “Ci sono anche violenze fisiche – denuncia Giulia Berberi, dottoressa dell’ambulatorio della Caritas – Ogni giorno vediamo i segni che questi trattamenti lasciano sui corpi delle persone respinte, ma anche molto disorientamento e pesanti traumi psicologici”. La Francia liquida i respingimenti come “operazioni di collaborazione tra polizie di frontiera” e si appella al trattato di Chambery che, nella loro interpretazione, li consentirebbe.

Nella sua costosa inefficacia, lo spettacolo del dispositivo militare, politico e mediatico della frontiera si trasforma spesso in tragedia: “Sono state almeno 45 le persone morte, dal 2015, nel tentativo di passare”, ricorda Colomba. Scivolate dai sentieri di montagna o investite sui viadotti autostradali, travolte o folgorate dagli impianti elettrici dei treni. Vicino all’ex-dogana di ponte san Ludovico c’è un memoriale che le ricorda. Ma la tragica farsa della frontiera chiusa non si ferma. Ora a Ventimiglia si prepara il prossimo atto. “Apriremo un Centro di permanenza per il rimpatrio a Ventimiglia” dichiara il ministro Piantedosi, mandando in visibilio il sindaco leghista Flavio Di Muro: “Finalmente, lo chiedo da anni, serve da centinaia di posti”.

Poco distante dalla sede del comune, mentre vengono distribuiti i pasti della Caritas ai migranti in transito, Christian Papini allarga le braccia sconfortato: “Non c’è un campo di transito, la gente è costretta ad accamparsi in strada, ma vogliono aprire un Cpr. Sanno perfettamente che, oltre che disumano, sarebbe inutile perché si riempirebbe in pochissimi giorni”. Del resto, rendere Ventimiglia un luogo inospitale per i migranti è la strategia seguita da tutti i sindaci che si sono succeduti: “Pensano che queste decisioni possano avere un effetto deterrente. Ma abbiamo visto che non serve a nulla, queste persone non hanno nulla da perdere e siamo la porta dell’Europa, finché sarà militarizzata le persone si fermeranno qui per il tempo necessario a eludere i controlli per attraversarla”. E continueranno a passare.