E’ noto che il problema degli immigrati è stato affrontato dall’Europa intera con la massima indifferenza, come se non si trattasse di persone che fuggono dalle guerre, dalla carestia, dai disastri climatici, dalla mancanza di cibo e di acqua, facendo ipocrite affermazioni di principio (vedi Direttiva 2008/115/CE, che pone in primo piano il rispetto dei “diritti fondamentali dell’uomo”) e poi scaricando tutto sull’Italia, in quanto porto di primo approdo, secondo le norme del Trattato di Dublino.
Purtroppo pienamente errata è stata la reazione dell’Italia, la quale, anziché prodigarsi per una condivisa accoglienza dei migranti come si deduce dai principi fondamentali della nostra Costituzione, ha invece assunto nei confronti di questi un atteggiamento definito da un illustre studioso di storia di “ferocia sociale”. Tale “ferocia” è molto evidente nel decreto Cutro, che impone alle Ong di operare un salvataggio per volta, lasciando annegare le persone che si trovano su altre imbarcazioni, per raggiungere velocemente un porto sicuro, indicato normalmente dal Ministero delle infrastrutture in porti lontani dal punto di primo soccorso. Di qui il primo atto giuridicamente inaccettabile di violazione dell’obbligo di salvataggio, imposto dalle note Convenzioni sul mare.
Ma c’è di più. In palese contrasto con gli obblighi umanitari, ai quali fa peraltro cenno anche l’ipocrita Direttiva appena citata, gli immigrati sbarcati in Italia vengono subito inviati in “Centri di permanenza per il rimpatrio”, che sono delle vere e proprie carceri, tanto è vero che il provvedimento del Questore che dispone il “trattenimento” viene inviato per la ”convalida” (prevista dal terzo comma dell’ art. 13 Cost., in ordine agli eccezionali provvedimenti restrittivi della libertà personale) al giudice di pace per le sue determinazioni. E’ previsto anche che il migrante abbia un difensore, che, ovviamente, non può che essere quello d’ufficio. Comunque quello che è davvero grave è il fatto che il giudice di pace verifica soltanto la “regolarità formale” del provvedimento e non esamina, né invero avrebbe modo di farlo, il “merito” della questione. Insomma una vera e propria presa in giro ai danni del migrante.
Insomma i Centri per il rimpatrio non hanno alcun fondamento giuridico, sono in aperta violazione con le Convenzioni sui diritti umani, con la citata Direttiva comunitaria e, come presto si vedrà, con i “principi fondamentali“ della nostra Costituzione.
Oggi poi arriva un’altra disposizione che dimostra l’assoluta incongruità e illogicità dei provvedimenti adottati in materia. Si tratta del decreto del Ministro dell’interno, con il quale si prevede che il migrante può evitare l’internamento nei centri di accoglienza versando 4938,00 euro di “garanzia finanziaria”, una sorta di “cauzione” che la citata Direttiva 2008/115/CE, art. 7, comma 3, prevede per chi dichiari di voler rimpatriare con “partenza volontaria”; una ipotesi del tutto diversa da quella oggetto del decreto ministeriale in questione; il quale peraltro, secondo una dichiarazione dello stesso Ministro dell’interno, andrebbe applicata a chi proviene da porti sicuri, come la Tunisia. A questo punto la confusione è massima e davvero non si capisce in base a quali criteri stia agendo il governo. Quello che è certo è che ci troviamo di fronte a una legislazione confusa e inutilmente malvagia nei confronti dei deboli, una legislazione disumana, ingiusta e contraddittoria, che disonora gli italiani, che hanno un forte e diffuso sentimento di solidarietà, oltre a violare i seguenti “principi fondamentali”, che sono alla base della nostra Costituzione repubblicana e democratica.
L’art. 2 Cost., che tutela i diritti inviolabili dell’uomo e impone inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale. L’art. 3, che sancisce i principi di eguaglianza e libertà. L’art. 10, secondo il quale la situazione giuridica dello straniero è regolata in conformità delle norme e dei trattati internazionali. L’art. 13, secondo il quale “la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria”, precisandosi che “in casi eccezionali di necessità … i provvedimenti provvisori devono essere comunicati entro 48 ore all’Autorità giudiziaria, e se questa non li convalida nelle successive 48 ore, si intendono revocati e privi di effetti”. L’art. 24 Cost. sul diritto di difesa. L’art. 111 Cost., sul diritto a un “giusto processo”, per il quale la legge deve “assicurare”, tra l’altro, che l’indiziato di reato “disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa”.
Insomma, il migrante che fugge dalla fame e dalla guerra è trattato peggio di qualsiasi malfattore. E’ questa una ingiustizia colossale, che deve essere subito eliminata. Ed è il caso che le molte associazioni che si prodigano all’assistenza dei migranti si diano anche il carico di aiutare i migranti stessi a promuovere una azione davanti al giudice per la rimessione di queste infami norme del Testo Unico sull’immigrazione al vaglio della Corte costituzionale, per il loro annullamento.