Tutta questa storia è riassunta nella sentenza che nel 2020 ha condannato all’ergastolo Matteo Messina Denaro per le stragi di Capaci e via d’Amelio. Per quasi trent’anni la giustizia italiana si era dimenticata di processarlo per gli omicidi di Falcone e Borsellino: la figura di Matteo era rimasta sullo sfondo delle indagini sulle stragi di Capaci e via d’Amelio. Almeno finché a Caltanissetta un magistrato non ha deciso di prendere in mano migliaia di pagine di carte giudiziarie dimenticate. Si chiama Gabriele Paci, è un pm romano che oggi fa il capo della procura di Trapani. Per lui si tratta di un ritorno visto che è nella città della Sicilia occidentale che Paci comincia a lavorare nel 1992, l’anno delle stragi. All’epoca la provincia di Trapani era una zona franca, un territorio sicuro che i capi corleonesi hanno eletto a loro dimora. Raccontano i pentiti che “a Trapani i cani erano attaccati”: vuol dire che polizia e carabinieri erano in qualche modo gestibili. Dalle villette con piscina sul mare di Scopello fino ai bungalow di San Vito lo Capo e di Marausa, in quel periodo la Sicilia occidentale è una sorta di villaggio turistico per i boss delle stragi. È lì che dalla capitale viene catapultato l’allora giovane magistrato romano. In procura lavora 12 ore al giorno, sabato e domenica inclusi. Dorme in una sorta di foresteria annessa al palazzo di giustizia e l’unica pausa che fa è per andare a cena in una trattoria al vecchio Rione Palme. È in quelle sere d’estate che le strada di Paci incrocia quella Matteo Messina Denaro. In quel periodo il boss ha fissato la sua dimora in un palazzo che è praticamente attaccato al ristorante frequentato dal pm: dalla finestra lo osserva mentre mangia, beve, discute. Poi si alza ma non se ne va: passeggia, fuma una sigaretta in compagnia di qualche collega. “Dottore, per colpa sua noi non potevamo uscire. Matteo s’incazzava moltissimo”, racconterà anni dopo uno degli uomini di Matteo.
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Matteo Messina Denaro è morto – Le bombe, i miliardi, le coperture e i misteri della latitanza: vita e segreti del boss delle stragi
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Capitoli
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1.Matteo Messina Denaro è morto – Le bombe, i miliardi, le coperture e i misteri della latitanza: vita e segreti del boss delle stragi
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2.UN ARRESTO CLAMOROSO
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3.I MISTERI DELLA LATITANZA
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4.PRIMA LE BOMBE POI GLI AFFARI
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5.PADRINI E POLITICI
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6.L'ULTIMO PEZZO DEL PUZZLE
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7.LETTERE A SVETONIO
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8.FEMMINE E PALLOTTOLE
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9.GUARDIE, LADRI E COMPASSI
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10.ALLE ORIGINI DELLA PIOVRA
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11.MORIRE DA LATITANTE
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12.A CENA SOTTO CASA DI MATTEO
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13.UN BIGLIETTO PER CARACAS
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14.L'AMICO DI DELL'UTRI
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15.OMICIDI SENZA MOVENTE
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16.LA NAZIONALE DEI KILLER DI COSA NOSTRA
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17.“I PICCIOTTI SANNO TUTTE COSE”
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18.LA FINE DELLE BOMBE
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19.I SEGRETI DELLA SECONDA REPUBBLICA
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Matteo Messina Denaro è morto: l’ultimo superlatitante di Cosa nostra aveva 62 anni. Disposta l’autopsia sul cadavere
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Messina Denaro morto, l’arrivo alla clinica di Palermo nel giorno dell’arresto. L’audio dei carabinieri: “Dicci il tuo nome”
