Per capire chi è stato davvero Messina Denaro, alla fine, bisogna comunque tornare indietro di trent’anni. Bisogna tornare all’epoca delle stragi, a quando il boss di Castelvetrano era il “gioiello” del Riina, il mister Wolf che risolveva ogni problema che avesse un nome e un cognome. Come Vincenzo Milazzo, un boss di Alcamo che era sembrato poco convinto della strategia stragista di Cosa nostra. Matteo e gli altri uomini d’onore lo invitano a pranzo, poi gli sparano un colpo in testa. Tre giorni dopo tocca alla sua compagna: Antonella Bonomo ha 23 anni, è incinta di tre mesi, fa la maestra elementare e con la mafia non c’entra nulla. Le danno un appuntamento, le dicono che Vincenzo vuole vederla: poi la strangolano. Perché? Dicono che il suo uomo le avesse confidato tutti i suoi segreti, pure quelli sulle stragi. Che le avesse raccontato di aver ricevuto la visita di strane persone. Non erano di Cosa nostra, anzi Vincenzo dice che “erano loro la vera mafia” perché gli avevano proposto di adoperarsi per la “destabilizzazione dello Stato”. Chi erano quelle persone? Che cosa volevano? E chi è che ordina a Matteo e agli altri di eliminare Milazzo? E perché viene uccisa anche Antonella? Forse perché ha uno zio che fa parte dei servizi segreti? È un fatto che questo duplice delitto sia uno dei pochi omicidi citati da Messina Denaro nei suoi interrogatori. Il boss, ovviamente, non ha ammesso nulla ma al contrario ha cercato di confondere le acque: ha sostenuto di aver svolto un’indagine dalla quale emergeva come Antonella Bonomo non fosse incinta. Un modo per smentire sue eventuali violazioni del folle codice morale di Cosa nostra: donne e bambini non si toccano. E infatti, sempre davanti al gip Alfredo Montalto, il boss ci ha tenuto pure a sostenere di non avere alcuna responsabilità dell’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido dopo un sequestro lungo più di due anni. Era il figlio di Santino Di Matteo, uno degli esecutori della strage di Capaci che aveva deciso di collaborare con la magistratura. Poche settimane dopo il sequestro del figlio, l’uomo fu intercettato mentre parlava con la moglie. Le cimici registrarono la donna mentre diceva: “Qualcuno che è infiltrato nella mafia. Tu devi pensare alla strage Borsellino, a Borsellino c’è stato qualcuno infiltrato che ha preso…capire se c’e’ qualcuno della Polizia infiltrato pure nella mafia”. Interrogati più volte su quell’intercettazione, i due non hanno mai chiarito la natura dei loro riferimenti.

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