4.938 euro per non finire in un Cpr in attesa che valutino la domanda di asilo, lo stabilisce il decreto Cutro del 21 settembre scorso. 5.000 euro (o dollari, fa lo stesso), cifra tonda, a un giovane egiziano fra i 19 e i 29 anni espatriato prima di essere arruolato per i 2/3 anni di servizio militare obbligatorio a seconda che abbia o meno il diploma. Da versare entro il 15 settembre scorso. La coincidenza delle due cifre richieste dai governi di due paesi del Mediterraneo, entrambe applicate a persone in fuga da qualcosa, spesso la miseria, accomuna le due sponde più di quanto si potrebbe pensare.

Nel mese compreso fra il 15 agosto e il 15 settembre chi opera nel settore ha visto i ragazzi egiziani residenti in Italia e in gran parte impiegati nell’edilizia, raccattare tutti i risparmi disponibili, oltre a fare qualche prestito, per “comprarsi” il congedo così da poter tornare in Egitto a fare visita alle loro famiglie. Infatti, il giovane che non ha prestato servizio militare perché è espatriato prima del compimento del diciannovesimo anni non ha diritto al rinnovo del passaporto fino a che non lo fa. Dunque se torna a casa prima dei 30 anni non ha più diritto di tornare alla vita che si è costruito altrove.

L’Egitto di Al Sisi, tasso di inflazione vicina al 40%, debito estero quadruplicato in 7 anni, 50 miliardi di dollari da rimborsare entro la fine dell’anno, ha fame di valuta estera e se la procura così, vendendo congedi. Sta anche proponendo ai 9 milioni di egiziani all’estero un piano di accumulo pensionistico da onorare in dollari (pare 500$ annui con pensione dai 50 anni in su corrisposta per 10/15 anni). A testimoniare la profonda crisi finanziaria dell’Egitto, a maggio il governo ha varato una legge che garantisce la residenza temporanea agli stranieri che acquistano proprietà per almeno $ 50.000 o che possono dimostrare depositi di almeno $ 50.000 in banche statali. Sono provvedimenti che vanno a sommarsi al piano varato un anno fa per concedere agli espatriati egiziani agevolazioni fiscali per il pagamento in valuta estera delle tasse sulle importazioni di auto, insieme a altre misure dello stesso segno volte ad attrarre investimenti in valuta estera. Considerato che il 10% della popolazione egiziana (poco più di 100 milioni di abitanti) vive all’estero e i 19/29 enni espatriati sono circa 2 milioni in tutto, facile prevedere una bella boccata di ossigeno per Al Sisi e soci. Il migrante egiziano, per il suo governo, è una specie di vacca da mungere per tenere a galla un regime corrotto e le oligarchie che lo governano col pugno di ferro.

Torniamo al Decreto Cutro e alla fidejussione a garanzia delle spese che può essere assicurativa o bancaria. Tanto in questo caso fa lo stesso perché sempre i soldi a copertura della stessa debbono essere versati all’atto della sua accensione. Non è neanche previsto che le polizze possano essere accese da terzi o nel paese da cui si sta scappando, dunque non resta che portarsi dietro i soldi e, scendendo a Lampedusa o arrivando a Trieste nel ventre di un tir, recarsi allo sportello più prossimo con i fatidici 5000 euro richiesti. Un’assurdità che capisce anche un bambino, che capirebbe da solo come questo sia un grande aiuto alla tratta di esseri umani perché la arricchisce di nuove figure “professionali”.

L’Egitto di Al Sisi, quanto allo strumento economico finanziario per raccattare soldi, si è affidato alla Banca pubblica egiziana MISR. Le operazioni di versamento dei 5000 $ vanno effettuate non già in Egitto, come sarebbe normale attendersi, ma alla sua filiale di Abu Dhabi, chissà perché! Eppure, nonostante Giulio Regeni che attende giustizia, finisce che ci sembra più umano l’Egitto, non è incredibile?

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