Nella mappa della camorra di Napoli, sul rione Conocal di Ponticelli sventola la bandierina del clan D’Amico. E’ la cosca che, dopo essersi fatta le ossa come gruppo di fuoco del clan Sarno, si è impadronita di un rione realizzato con le leggi della ricostruzione post terremoto del 1980, a poca distanza dal rione Incis e dal confine con Volla. Un’area priva di servizi, fatta di edilizia popolare scadente, progettata e costruita per collocarvi un esercito di sfollati e disperati. Nato sotto una cattiva stella, il rione Conocal è diventato uno dei simboli del degrado urbano di Napoli.
Il clan D’Amico così impera su un rione povero e stritolato dalle difficoltà. E per fare cassa, ha deciso di taglieggiarne i residenti estranei alle dinamiche malavitose, imponendo loro una tangente di 10mila o 20mila euro per non essere sbattuti fuori di casa. La minaccia è quella di occupare abusivamente l’alloggio, per poi immetterlo nel mercato nero delle compravendite delle case popolari. E’ la dinamica ben raccontata da un pentito in un verbale del 2019 a proposito una signora, G. O., indicata come colei “che gestisce tutte le case popolari di Ponticelli, nel senso che le vende e le assegna, le individua, le libera con la forza, oppure le vende a terzi”. Il collaboratore di giustizia aggiunse: “In alcuni casi addirittura i figli delle persone anziane che poi muoiono, per “rispetto” nei confronti del clan le cedono la casa che poi la vende a chi ritiene”. Ma è solo un esempio tra i tanti, e G. O. non era l’unica a lavorare in questo campo.
Sulla scia di queste pratiche consolidate, il clan D’Amico in queste settimane ha intensificato le pressioni estorsive. Chiedendo tangenti a tutti e su tutto: sui piccoli lavori di manutenzione, sul parcheggio delle auto e delle moto sotto le abitazioni, sui prestiti. Una vessazione continua, denunciata sulle pagine del sito Napolitan diretto da Luciana Esposito, giornalista 39enne che da anni racconta la camorra di Ponticelli e per questo è stata minacciata dai boss della zona.
Sarebbe in atto, secondo queste ricostruzioni, un cambio di strategia del clan nei suoi rapporti con i residenti. Se prima venivano lasciati tranquilli con lo scopo di poter godere di un silenzioso ‘consenso’ sulle attività criminali, e in qualche caso la disponibilità a dare una mano o a chiudere un occhio, ora sono finiti anche loro nel mirino. Una inversione di cui si era fatto interprete Vincenzo Costanzo, il 26enne nipote acquisito del boss Antonio D’Amico, ucciso in un agguato di camorra il 5 maggio durante i festeggiamenti per il terzo scudetto. Da diversi anni Costanzo era il reggente del Conocal e aveva dato ordini precisi in tal senso.
Serve denaro, e subito, perché il clan D’Amico sta vivendo un periodo di difficoltà, messo nell’angolo dal clan rivale dei De Micco. E la pratica di taglieggiare gli abitanti delle case popolari, con la minaccia di mandarli in mezzo a una strada, è relativamente semplice e poco dispendiosa. Qualcuno avrebbe già pagato migliaia di euro. Quel poco che aveva a disposizione.
L’allarme è stato rilanciato dal deputato Avs Francesco Borrelli, che chiede per il rione Conocal la stessa attenzione dimostrata in queste settimane per il Parco Verde di Caivano: “Ai camorristi va sottratta la stessa aria che respirano con blitz e controlli serratissimi del territorio. Chi sa denunci”.