Salute

Caro ministro Schillaci, dall’India importiamo le leggi sui brevetti farmaceutici, non gli infermieri

Il ministro Orazio Schillaci vuole infermieri indiani per i nostri ospedali. Il responsabile della Salute del governo Meloni ha annunciato la svolta in un’intervista a Repubblica dello scorso giugno: “Gli infermieri mancano in tutta Europa. Per questo stiamo pensando ad accordi con Paesi extraeuropei, che potrebbero metterci a disposizione professionisti già ben formati. Penso ad esempio all’India. Hanno una scuola infermieristica di alta qualità e ovviamente tantissimi abitanti”.

L’India ha infermieri e medici di qualità perché negli ultimi decenni ha risparmiato tanto sottraendo profitti ingiustificati e dichiarati illeciti dalle corti internazionali sui brevetti dei farmaci specie oncologici. Per questo motivo in India sta crescendo – e non saltando – un sistema sanitario pubblico che finanzia adeguatamente la formazione di medici e infermieri. In parallelo in Italia il SSN pubblico sta fallendo perché lo Stato italiano preferisce pagare senza discutere profitti eccezionali e spesso ingiustificati alle ditte farmaceutiche private sottraendo risorse economiche vitali a medici e infermieri pubblici.

Il nuovo caso clamoroso è dato dell’Enhertu, farmaco innovativo oncologico che ha dimostrato una notevole efficacia non solo nel cancro della mammella ma anche in altri cancri big killer. Il costo complessivo con profitto dei singoli farmaci già pure generici (trastuzumab e deruxtecan) somma a 780 euro circa come prezzo al pubblico. La loro coniugazione, che quindi non è una innovazione assoluta e non ha richiesto né i tempi né le spese per la relativa ricerca di base già effettuata da tempo, è stato determinato in euro 3.850 a fiala, cioè circa lo stipendio mensile medio di ben due infermieri non indiani ma italiani per ogni fiala somministrata.

In India questo non accade più già da tempo. L’India è uno dei principali produttori di versioni generiche a basso costo dei farmaci che vengono utilizzati in tutto il mondo. Dal 2005 ha adottato le regole del commercio internazionale e nel paese la legislazione è molto severa su quello che deve o meno essere brevettato. Definisce, ad esempio, criteri piuttosto restrittivi per brevettare nuove versioni di farmaci già esistenti. Regole che sono state contestate dalle multinazionali come Roche, Novartis e Bayer ma sempre rigettate nelle aule di tribunale indiane .

Lunedì 1 aprile 2013, dopo una battaglia legale durata sette anni, la Corte Suprema indiana, con una sentenza da molti definita storica, respinse il ricorso del colosso farmaceutico svizzero Novartis per il riconoscimento del brevetto di una forma modificata solo cineticamente del farmaco oncologico Imatinib mesilato (commercializzato con il nome Glivec). Il ministro della Salute italiano Balduzzi, in tempi non sospetti e ben prima che il SSN arrivasse ormai al limite del collasso come oggi, dichiarò: “Sarebbe opportuno che le multinazionali del farmaco autolimitassero l’ambito di efficacia dei brevetti. Consentendo, in tal modo, agli stati più poveri di ottenere farmaci costosi al prezzo dei generici”. Così in un’intervista il ministro della Salute, Renato Balduzzi, commentò la notizia. Un esempio della portata della sentenza Glivec successivamente è stata proprio la vicenda sul farmaco Herceptin (Trastuzumab), cioè uno dei componenti oggi del nuovo farmaco ad altissimo costo Enhertu.

Oltre alla tutela della crescente industria locale di generici, che chissà perché, in Italia invece non cresce adeguatamente, i contenziosi su farmaci come il trastuzumab (Herceptin) e altri farmaci anti-cancro, fanno parte di una fase nuova e critica della lotta per rendere i farmaci a prezzi accessibili alle persone più povere del mondo. Lotta che cominciò in maniera strutturata più di un ventennio fa, con il successo della campagna per rendere i farmaci per l’Aids accessibili a milioni di africani.

Il trastuzumab è il farmaco generico che costituisce uno dei due componenti che, coniugati tra loro, ha trasformato di nuovo, e per l’ennesima volta, il farmaco generico trastuzumab in un farmaco oncologico innovativo immesso sul mercato al costo altissimo di 3850 euro a fiala. È giunta l’ora che anche i cittadini italiani vengano annoverati tra i cittadini più poveri e più tartassati del mondo, al pari dei cittadini indiani. È arrivato il momento, e con estrema urgenza, che la questione determinazione del prezzo dei farmaci innovativi specie oncologici sia al centro del dibattito politico e formativo in Sanità per rendere chiaro a tutti in trasparenza come viene formato il prezzo e come vengono deviate le risorse economiche che servono per formare medici e infermieri pubblici e dare loro adeguata e congrua retribuzione.

È giunta l’ora che sindacati, associazioni dei consumatori, ordini professionali di medici e infermieri e medici igienisti e farmacoeconomisti non collegati in alcun modo con le ditte private entrino a fare parte delle commissioni per la determinazione del prezzo dei farmaci innovativi, non solo oncologici. L’eccessivo e spesso ingiustificato costo di farmaci non realmente completamente innovativi sta facendo saltare l’equilibrio gestionale del SSN specie nel settore oncologico in cui i pazienti sono in continua ed irrefrenabile crescita di tipo epidemico per assenza di una valida prevenzione primaria.

Alcune proposte concrete:
1) Rendere note e pubbliche le spese farmaceutiche sostenute dal SSN inserendo obbligatoriamente nelle cartelle cliniche la spesa sostenuta specie in Oncologia;
2) Prevedere una legge che, in analogia con la DL 81/08, imponga a tutte le aziende coinvolte nella ricerca e cura in oncologia , e quindi in particolare gli Irccs oncologici, la presenza negli organigrammi di strutture aziendali all’interno delle direzioni sanitarie dedicate esclusivamente al monitoraggio a fini gestionali e non scientifici della spesa farmaceutica oncologica cresciuta negli Irccs oncologici dal 2001 ad oggi di circa il 1000 % a parità di posti letto.

Signor ministro Schillaci, la supplico, importiamo le leggi sui brevetti farmaceutici dall’India e non i loro infermieri che hanno potuto crescere e formarsi grazie al denaro pubblico sottratto alla avidità senza più limiti e confini delle multinazionali dei farmaci.