Ci sono da affrontare 735 pagine prima di arrivare alla parole “Fine” scritta nell’ultimo mastodontico capitolo della saga partita con "I Pilastri della Terra” nel 1989
“Ho chiesto all’intelligenza artificiale di scrivere l’incipit di un romanzo sullo stile di Ken Follett”. Il risultato, letto alla platea dei giornalisti della stampa estera di Londra, è una salsa melensa e straripante di aggettivi. “Evidentemente l’intelligenza artificiale è convinta che io sia uno scrittore di m…”.
Sì, la domanda l’ha digitata proprio lui, l’autore di origine gallese che ha venduto 191 milioni di copie in tutto il mondo e che lo annuncia, orgoglioso, durante la presentazione del suo ultimo romanzo “The Armour of Light”, (in italiano “Le Armi della luce”, edito da Mondadori), uscito in contemporanea mondiale il 26 settembre. Ci sono da affrontare 735 pagine prima di arrivare alla parole “Fine” scritta nell’ultimo mastodontico capitolo della saga partita con “I Pilastri della Terra” nel 1989.
Stesso luogo, Kingsbridge, stessi tormenti, stessi personaggi: il buono, il visionario, tanti cattivi, la donna coraggiosa e i bambini che fanno la fame con gli anziani che muoiono dimenticati in soffitta, mentre tutti gli altri, minori compresi, cercano di raggranellare spiccioli per mangiare brodaglie a base di pane, cipolle e rape (i più fortunati). Le scoperte della rivoluzione industriale, che portano sullo sfondo le battaglie per quella sociale ed il subbuglio armato dalle truppe napoleoniche, sono quel filo rosso che permette di tracciare alcune analogie anche con i giorni nostri.
La crescente richiesta di diritti per gli ultimi che cominciavano ad avere una voce con la creazione dei sindacati, la paura di chi veniva da lontano, di chi parlava un’altra lingua, o di chi portava l’industrializzazione che toglieva posti di lavoro per affidarli alle macchine. Nel romanzo si parla in particolare dei telai di ultima generazione, sospinti dal vapore in grado di accelerare il lavoro dell’uomo, oggi quel motore ha le sembianze dell’Intelligenza Artificiale che risponde ad ogni richiesta.
Ci sono i conflitti sociali ed il distacco tra il popolo affamato e i membri delle élite e del parlamento incapaci di ascoltarli, figuriamoci di rappresentarli, in un parallelo dal sapore controverso. Ken Follett è un grande amante della storia, rivendica che dai suoi libri si impara come le cose sono andate realmente, “non c’è invenzione dietro”, ci tiene a sottolineare, ma solo studio meticoloso.
Insieme alle nozioni accademiche, però, passano inevitabilmente anche la sua idea di futuro ed il desiderio di trasmettere messaggi politici. Troppe le analogie con i nostri tempi per non pensare che non sia così, troppo chiare le sue idee sul tema, soprattutto quando si parla di scenari geopolitici, ed il suo timore per la crescita delle destre, oppure del suo Paese, la Gran Bretagna. Da sempre ostile alla Brexit, Follett davanti ai giornalisti internazionali ammette il suo (ritrovato) sostegno per il partito Laburista inglese, del quale è di nuovo tesserato.
Il giorno prima dell’incontro alla Royal Overseas Legue di Londra, era stato al grande banchetto allestito a Versailles dal presidente francese Macron per re Carlo III. Le battaglie contro il cambiamento climatico, il tentativo della Francia di riallacciare i rapporti con il Regno Unito riscrivendo una nuova forma di adesione all’Unione Europea, così come vorrebbe il partito della sinistra inglese, gli danno speranza. Sì, perché anche in questo quinto capitolo della saga di Kingsbridge, che si chiude con Waterloo e la sconfitta di Napoleone, ci sono due costanti: la trascinante forza delle donne ed il suo intramontabile ottimismo. Uscite dai cliché delle cortigiane assetate di gossip e di intrighi o delle semplici contadine riverse sui campi, Follett scopre che le donne di fine ‘700 sono andate in battaglia con l’esercito inglese per portare munizioni e acqua ai loro soldati, sono state protagoniste delle rivoluzioni sociali del tempo e hanno combattuto contro il carovita al grido di “Pane e Pace”. E poi c’è l’ottimismo: “Sono ottimista – la verità di Follett – perché conosco la storia e la leggo” e ai suoi lettori da anni la racconta minuziosamente galoppando a cavallo di un intero millennio.