"Credo che ogni bambino, figlio di separati o no, possa dare il suo senso particolare alla vicenda dello spot secondo la sua esperienza", ha spiegato a FQMagazine il presidente di Minotauro, il celebre istituto di Milano che si occupa da trent’anni di psicoterapia per l’infanzia e l’adolescenza
“Lo spot di Esselunga commuove, certo. Ma non ci vedo dentro nessuna stigmatizzazione delle famiglie di separati. E nemmeno una strumentalizzazione dei bambini diversa da quella di altre pubblicità”, queste le parole di Matteo Lancini, psicologo e presidente di Minotauro, il celebre istituto di Milano che si occupa da trent’anni di psicoterapia per l’infanzia e l’adolescenza.
La polemica che si sta scatenando in questi giorni sullo spot di Esselunga sta infuocando il web. Ma anche la politica. Racconta di una bimba figlia di separati che va al supermercato con la madre e prende di sua iniziativa una pesca da donare di nascosto al padre fingendo che sia un dono da parte della mamma. E’ una scelta di comunicazione che divide. E oggi è balzata anche sull’account della premier. “Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante”, scrive Giorgia Meloni postando la scena del dono pacificatore. Con lei la deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente della commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza, che afferma: “Il disagio psicologico di bambini e adolescenti figli di coppie separate è troppo spesso dato per scontato e dimenticato nella nostra società, come se fosse una conseguenza naturale e irrimediabile della fine di un rapporto”. Pier Luigi Bersani ex segretario nazionale del Partito Democratico, scrive su X: “Mi sembra davvero sbagliato, in questo e in altri casi, mettere in mezzo la sofferenza dei bambini su temi delicati per scopi commerciali”. E davvero così? Abbiamo chiesto un parere tecnico a Matteo Lancini, psicologo e autore di “Sii te stesso a modo mio – Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta” per Raffaello Corina editore. Di bimbi e adolescenti, lui e il team di Minotauro, istituto che collabora da decenni coi i servizi sociosanitari degli enti locali, ne hanno visti a centinaia.
Lancini, cosa pensa di questo spot?
“La comunicazione cambia in base ai comportamenti delle persone. Esselunga fa una pubblicità in linea con il comportamento delle famiglie di oggi, con quello che accade nella società di oggi, includendo una fetta di realtà straordinariamente diffusa da tempo: le famiglie di separati”.
Non vede in questo spot strumentalizzazione?
“Che sia una pubblicità di impatto emotivo per alimentare una identificazione da parte dell’acquirente e promuovere il prodotto è vero. Ma qualsiasi comunicazione oggi utilizza emozioni per vendere e la ‘strumentalizzazione” dei bambini avviene in ogni pubblicità. Quindi il dibattito se mai dovrebbe nascere su questo: la comunicazione nella società di mercato, non sul singolo spot di Esselunga”.
Sui social però c’è chi sostiene che la vicenda di Emma, la protagonista, risveglia il dolore di chi prova l’esperienza della separazione…
“Ogni bimbo che guarda ha la sua storia precisa. La separazione fa soffrire, è vero. Ma detto questo, credo che ogni bambino, figlio di separati o no, possa dare il suo senso particolare alla vicenda dello spot secondo la sua esperienza. La rappresentazione di ciò che accade in moltissime famiglie non è un problema per i piccoli. E’ un problema per gli adulti”.
In che senso scusi?
“Sono le ideologie degli adulti, le loro angosce sul ruolo genitoriale che ricoprono e le loro fragilità a proiettarsi sui bambini. Credono di sapere cosa pensano e provano i piccoli ma in realtà stanno pensando a se stessi. Lo spiego molto bene nel mio libro quando analizzo la famiglia post narcisista. La polemica su famiglia tradizionale e non, come potrebbe essere quella sulla famiglia omogenitoriale, è una questione che riguarda gli adulti. Le assicuro che i ragazzi non si occupano di questo. Sono abituati a vivere le differenze. Anche un figlio di non separati potrebbe commuoversi per quello spot. Non per la separazione come differenza ma per l’immedesimazione in un’emozione”.
Lo spot quindi per lei è un’operazione pubblicitaria al pari di tutte le altre?
“Molte aziende che investono in operazioni di marketing che implicano ricerche colgono i cambiamenti nella vita delle persone e nei loro comportamenti. Non sempre sono loro a orientare gli stili di vita delle persone, alcune volte li colgono in anticipo. Ribadisco che a me questo mini film non sembra uno stigma della famiglia separata e nemmeno un invito a non separarsi. La polemica nasce dagli adulti e dalle loro proiezioni ideologiche o angosce sui bambini”.