Nella sua relazione annuale al Parlamento, la garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti parte della norme contenute nella bozza del nuovo dl sui migranti, per il governo Meloni il quarto in nove mesi, che approda oggi pomeriggio in Consiglio dei ministri. In particolare la garante attacca le norme che riguardano i minori e sembrano cancellare la presunzione di minore età, oltre a voler inserire i minorenni nelle strutture per adulti. Gli adolescenti arrivati in Italia quest’anno rappresentano il 17% degli arrivi e il 12% di loro, 11.650 al 25 settembre, sono minori non accompagnati. Secondo la bozza del decreto, chi non ha documenti potrà essere sottoposto a test per determinare l’età biologica già alla frontiera. “Non si può derogare dalla presunzione di minore età, è impensabile che un ragazzo che arrivi in Italia dopo quel tipo di viaggio possa dimostrare quanti anni ha o ottenere i documenti dal Paese da cui fugge”, ha dichiarato Garlatti a Repubblica, e lo ha ribadito nella Sala della Regina di Montecitorio, dopo l’introduzione del presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana.
“Non posso nascondere la mia preoccupazione che, nel dubbio, possa essere violato il divieto di respingimento“, ha detto Garlatti. A maggior ragione visto che, in caso di false dichiarazioni, l’articolo 5 del nuovo dl prevede che “la pena può essere sostituita con l’espulsione dal territorio nazionale”. Più in generale, in caso di “in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati” l’autorità di pubblica sicurezza “possa disporre lo svolgimento di rilievi antropometrici o di altri accertamenti sanitari, anche radiografici, volti all’individuazione dell’età”. Per la garante “la presunzione non può e non deve essere toccata. Non è pensabile, non è accettabile che nei casi dubbi sia il minore a dover dimostrare la sua età”, dice tra gli applausi, compresi quelli del ministro della Giustizia Carlo Nordio, seduto in prima fila. Ma il governo si difende e in una nota ribatte per smentire proprio l’intervista rilasciata a Repubblica dalla garante: “Nei casi di dubbio la presunzione – articolo 19-bis, comma 8, decreto legislativo 142 del 2015 – resta invariata: viene soltanto eccezionalmente accelerata, in presenza di flussi particolarmente ingenti, la procedura di accertamento, effettuata sotto controllo di garanzia dell’Autorità giudiziaria competente. Non è pertanto prevista alcuna inversione dell’onere della prova circa l’età del minore”.
Sulle intenzioni del governo italiano in tema di minori, la portavoce della Commissione Ue Anitta Hipper prende tempo: “Non commentiamo bozze di legge che non abbiamo visto finora”. Ma in linea di principio precisa: “La nostra posizione è che la detenzione è una misura che può essere applicata solo in ultima istanza, quando non può essere applicata alcuna misura alternativa”. Lasciando da parte la questione dell’onere della prova, secondo la bozza di decreto una persona che si dichiara minorenne ma priva di documenti potrà essere sottoposta a dei test immediatamente dopo l’arrivo. E questo può determinare conseguenze importanti, dall’espulsione al rimpatrio, dalla sistemazione in centri per adulti o nei centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). Per questo c’è già chi si domanda quale ruolo potrà giocare l’ampio margine di errore delle prove antropometriche e radiografiche. Si tratta di metodi che possono restituire un’età biologica fino a due anni in più o in meno rispetto a quella reale, e per questo sono già stati al centro di sentenze che hanno condannato l’Italia. La garante fa poi notare che “procurarsi dei documenti è faticoso, è costoso, chi è rifugiato per definizione non li ha. Senza contare che ci sono paesi dove non c’è altro documento anagrafico se non il registro dove il maestro di scuola scrive la data di nascita”. E denuncia: “Mi angoscia che in questo modo si dà una mano alla criminalità organizzata, perché già adesso le ragazzine vengono obbligate a dichiararsi maggiorenni per eludere le tutele e avviarle direttamente alla prostituzione”.
La garante passa poi ad altre novità del decreto, a partire dalla possibilità di mettere gli over 16 in centri per adulti, se pure in aree separate. “Nemmeno temporaneamente devono essere mescolati con le persone più grandi, è grave che ciò avvenga pechè altrimenti c’è una contaminazione che per i minori è dannosa”. E aggiunge: “I minori sono in formazione e devono avere dei centri educativi dedicati assolutamente a loro: sono ragazzi, sono persone, con le loro paure, le loro speranze, progetti, sono stata a parlare con loro per ascoltarli”. Chiede di superare l’approccio emergenziale; “Un azzardo: sono lustri che il Paese è interessato dal fenomeno. E’ ora di affrontarlo in maniera sistemica e strutturale“. E continua per punti programmatici: “Bisogna sveltire il primo colloquio, così capiremo se il minore intende fermarsi o, come più spesso capita, ricongiungersi con familiari in altri Paesi Ue, il più delle volte nel Nord Europa”. Poi suggerisce la via per l’integrazione e la formazione di questi ragazzi: “Nomina immediata del tutore volontario, figura poco valorizzata nel nostro Paese” e, ha spiegato la garante a Repubblica, “con la promozione dell’affido familiare che tanto successo ha avuto con i piccoli ucraini”.
Sul rischio di espellere minori e di sottoporli al trattenimento amministrativo nei Cpr, la garante non è l’unica a preoccuparsi. “La stretta sui minori che hanno compiuto 16 anni appare in contrasto con la vigente normativa interna (legge n.47 del 2017) che si conforma al principio del “superiore interesse del minore”, imposto dalle Convenzioni internazionali, ed al rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali a carico dello Stato, che precludono l’espulsione (ed il relativo trattenimento amministrativo) dei minori”, è la riflessione di Fulvio Vassallo Paleologo, studioso della materia e già docente di diritto d’Asilo e status costituzionale dello straniero all’Università di Palermo. Che spiega: “La polizia potrà stabilire a discrezione l’età dei minori sulla base dei vecchi criteri basati sull’esame radiografico. Criteri che hanno fatto finire in passato molti minori nei Cpr, come abbiamo verificato ad ogni visita ispettiva, che adesso occorre riprendere. Il rischio che si violi il divieto di respingimento e di trattenimento amministrativo è reale”. E chiude: “Anche in questo caso ci saranno mobilitazione sui territori e ricorsi a valanga, con l’auspicio che la magistratura non si pieghi ai diktat del governo”.
“Se approvate in quei termini le nuove norme sono senza dubbio in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo che considera minore chiunque abbia meno di 18 anni, in modo analogo a quanto stabilito a livello Ue nella direttiva accoglienza”, spiega invece Marina Castellaneta, docente di Diritto internazionale all’Università di Bari. Perchè “l’Italia ha già ricevuto condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo proprio per il mancato rispetto delle norme convenzionali”, aggiunge ricordando una recente pronuncia. “Nel caso Darboe e Camara (ricorso n. 5797/17) – spiega – la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia perché un minore di 17 anni, arrivato in Sicilia dal Gambia, era stato trasferito in un centro di accoglienza per adulti con conseguenze negative sulle condizioni fisiche e sul benessere psicologico del minore. La Corte europea ha chiarito che gli Stati hanno il diritto di accertare l’età del minore ma svolgendo indagini accurate, di carattere anche medico, per verificare l’età. Nel caso citato il minore era stato classificato come adulto malgrado i pochi accertamenti svolti, per di più non dando al minore la possibilità di impugnare il provvedimento in sede giurisdizionale. L’Italia è stata così condannata perché ha limitato i diritti dei minori che rientrano tra le categorie particolarmente vulnerabili”.
Secondo la giurista, “l’interesse superiore del minore deve essere considerato in ogni provvedimento delle autorità nazionali, incluso, quindi, quello che porta all’accertamento dell’età e della collocazione del minore in un centro per i migranti”. E precisa: “Anche di fronte a un fenomeno migratorio in forte crescita che riguarda sempre di più i minori stranieri, la Corte europea ha stabilito che uno Stato non può sottrarsi al rispetto degli obblighi convenzionali, con particolare riguardo all’articolo 3 che vieta i trattamenti inumani o degradanti che potrebbero determinarsi nel caso di permanenza del minore nel centro per adulti”. E infine, quanto alle dichiarazioni considerate false di migranti che sostengono di essere minori, “non si può procedere direttamente all’espulsione senza un accertamento dell’età, così come non si può espellere se l’interessato richiede la protezione internazionale. La persona che si dichiara minorenne deve essere informata dei diritti, ascoltata dalle autorità competenti ed essere sottoposta a una procedura di accertamento multidisciplinare, senza compromettere la dignità dell’interessato”.