A poco più di una settimana dal cessate il fuoco che ha seguito l’offensiva con cui l’Azerbaigian ha colpito le forze armate separatiste dell’enclave armena del Nagorno–Karabakh, il governo azero ha arrestato l’ex capo dell’autoproclamata Repubblica di Artsakh, Ruben Vardanyan. A renderlo noto sono le autorità di frontiera di Baku che hanno condiviso uno scatto di Varadanya presumibilmente in manette (le mani del leader sono state oscurate nella fotografia) in piedi tra due ufficiali.
Oligarca russo-armeno originario di Erevan, Vardanyan è stato leader dell’enclave separatista non riconosciuta da novembre 2022 a febbraio 2023. Lo scorso anno aveva rinunciato alla cittadinanza russa per aggregarsi ai separatisti del Nagorno-Karabakh. Stava cercando di fuggire verso l’Armenia quando è stato fermato nei pressi del corridoio di Lachin, lo stesso che lo scorso aprile il governo azero aveva puntellato con posti di blocco che avevano impedito i rifornimenti di aiuti umanitari alla regione transcaucasica. La conferma della dinamica dell’arresto è arrivata anche dalla moglie di Vardanyan, Veronika Zonabend, con un messaggio sul canale Telegram gestito dal marito.
E di emergenza umanitaria si parla in questi giorni in Armenia, dove secondo quanto riportano le autorità sono approdati oltre 50mila rifugiati in fuga dall’Azerbaigian per timore di una “pulizia etnica” contro gli armeni. Un’ipotesi denunciata dal primo ministro armeno Nikol Pashinian e supportata da diversi attivisti e analisti. Nel Nagorno-Karabakh, regione strappata da Baku all’Armenia durante la Seconda guerra del Nagorno nel 2020, vivevano 120mila persone di etnia armena. Le strade verso la capitale armena continuano a essere inondate di camion, mentre le autorità azere hanno aggiornato a 68 il conto delle vittime dell’esplosione avvenuta in un deposito di carburante nel tragitto trafficato dell’esodo.
Intanto la comunità internazionale continua a condannare l’offensiva azera, con gli Stati Uniti che hanno dichiarato di avere appurato che Baku ha usato la forza contro i civili nel Nagorno-Karabakh e stanno valutando una risposta. Dalla Germania la ministra degli Esteri, Annalena Baerbock, scrive su X per chiedere a Baku di consentire un’ispezione delle organizzazioni internazionali sul territorio. “C’è bisogno di trasparenza, gli occhi e le orecchie della comunità internazionale sono rivolti all’Azerbaigian – ha detto la ministra – Sarebbe un elemento di fiducia sul fatto che l’Azerbaijan prende sul serio i suoi impegni per la sicurezza e il benessere della popolazione del Nagorno-Karabakh se consentisse l’ingresso di osservatori internazionali”, ha aggiunto. In Armenia, invece, le proteste degli scorsi giorni contro lo scarso intervento del premier Pashinian in difesa degli armeni dell’enclave sono cessate, ma la popolazione ha chiesto all’Europa sanzioni all’Azerbaigian per quanto accaduto.
Dal canto suo Baku ha replicato dichiarando di volere garantire la “reintegrazione” degli armeni residenti in Karabakh, rigettando le accuse di pulizia etnica rivolte dall’Armenia. Il presidente azero Ilham Aliyev, nel commentare il successo dell'”operazione militare” in Nagorno, così come l’ha definita, ha affermato che gli armeni presenti sul territorio potranno “finalmente tornare a tirare un sospiro di sollievo”, aggiungendo che gli sarà garantito il diritto di voto, di educazione e di libera professione della fede cristiana. La popolazione di etnia armena è infatti di fede cristiana, mentre la maggioranza dei cittadini azeri è di fede musulmana.
Al momento non ci sono indicazioni su dove si trovi l’ex premier della Repubblica separatista, ma l’Azerbaigian ha lasciato intendere di voler processare alcune figure chiave delle forze armate dell’enclave anche dopo il raggiungimento della resa separatista. “Abbiamo accusato dei membri del regime criminale e li porteremo davanti alla giustizia”, ha dichiarato il premier azero negli scorsi giorni.