Un tempo si diceva “Ho visto un film bellissimo, ho pianto un sacco”. Ovvio che facendo le dovute proporzioni, uno spot come quello di Esselunga definito da molti “commovente” faccia scendere almeno qualche lacrimuccia. Non però ai cinici pubblicitari di vecchia scuola che ormai hanno visto tutto in pubblicità e già si sono espressi sul social.

Mi accodo quindi umilmente a tanti commenti già fatti ricordando gli spot ideati da Gavino Sanna negli anni 80, quelli per Barilla. C’era sempre di mezzo una bambina e un papà che non stava mai a casa, partiva continuamente (mentre nello spot di cui parliamo se n’è proprio andato, i genitori sono separati), e nel caso di Barilla la bambina non regalava al papà una pesca ma infilava nella giacca del genitore un fusillo, che lui avrebbe scoperto in aereo mentre lo speaker commentava: “Dove c’è Barilla c’è casa”. E giù lacrimucce, tutti quanti.

Con questo precedente è difficile, per noi boomers, commuoverci. Perché Esselunga utilizza esattamente la stessa strategia di comunicazione, dove la bambina, parte più sensibile della famiglia (ma anche principale influencer verso il responsabile d’acquisto a livello familiare, come direbbe il marketing), cerca a modo suo di ricostruire l’unione familiare perduta usando un oggetto che fa tanto “casa” perché proviene dalla tavola attorno a cui un tempo sedevano tutti insieme. E inventa una piccola bugia dicendo che è un regalo della mamma.

Ma come! Si erano appena mandati affanculo, dopo che il matrimonio era arrivato alla frutta e la bambina gli regala della frutta? Improbabile. Lo slogan finale chiude con “Non c’è una spesa che non sia importante”. Ma volete che non lo sappiano i “consumatori Istat” (cit. Marco Carnevale) che si aggirano con i loro carrelli vuoti nei supermercati? Certo, è una ventata di aria respirabile nell’asfissia della pubblicità insulsa (cit. Silvio Saffirio), ma non si poteva fare di più sul piano della strategia di comunicazione?

A questo punto verranno fuori i pubblicitari di ultima generazione, quelli del “basta che se ne parli e la pubblicità ha fatto quello che doveva fare”. No, mi dispiace, non è così. Con l’affollamento di oggi, riuscire a far parlare di uno spot è certamente un’impresa ma non è sufficiente a sostenere le vendite e a consolidare il rapporto fra consumatore e marca. Questo si fa soltanto con una pubblicità informativa. Brillante, coinvolgente quanto volete, ma informativa.

Quindi non c’è scampo. Se per una volta uno spot fa commuovere, piove comunque sul bagnato. Perché tutta la pubblicità oggi fa piangere. Ma in un altro senso… (e mi dispiace di dover rovinare la battuta spiegandola e aggiungendo perfino i puntini di sospensione, perché di questi tempi non c’è mai la certezza di essere capiti: siamo arrivati alla frutta anche qui).

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