Tranquilli. Andrea Crippa – classe 1986, deputato leghista, braccio destro di Matteo Salvini – è laureato: in Scienze politiche, per giunta con indirizzo internazionale. Quindi di sicuro ha appena dichiarato guerra alla Germania a ragion veduta. Il casus belli secondo lui è questo: i tedeschi hanno arruolato nella rediviva Wehrmacht battaglioni di migranti scesi dalle navi umanitarie delle Ong, che Berlino subdolamente finanzia. A suo avviso, “ottant’anni fa il governo tedesco decise di invadere gli stati con l’esercito ma gli andò male, ora finanziano l’invasione dei clandestini per destabilizzare i governi che non piacciono ai socialdemocratici”; in particolare puntano sul Governo Meloni. Crippa, dal 2019 vicesegretario federale della Lega per Salvini Premier, con sprezzo del pericolo (e del ridicolo) l’ha detto proprio mentre il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier era a Roma per rendere omaggio al defunto ex capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Il titolo di studio sfoggiato dal “nostro” salviniano dimostra quanto sia stato ingiusto un articolo pubblicato qualche giorno fa su Lercio e intitolato: “Da 15 anni fingeva di avere la terza media ma era laureato: espulso dirigente della Lega”. Tra i leghisti i laureati sono tollerati, eccome. Però le esternazioni crippiane provano che una laurea non è sempre garanzia di competenza. Infatti il vicesegretario del Carroccio – in quel suo ragionamento degno di una striscia di Sturmtruppen – sembra non ricordare che, ai tempi, l’Italia fascista era alleata della Germania hitleriana. Roba che insegnano già in V elementare. Per giunta il partito italiano oggi alleato, nel parlamento europeo, con l’estrema destra post-nazista tedesca (Alternative für Deutschland) è proprio la Lega, mica il partito post-fascista di Giorgia Meloni, che ha più pudore. Per non parlare delle acrobatiche deduzioni sul presunto complotto dei socialdemocratici del cancelliere Olaf Scholz, organizzato a colpi di migranti. Pazienza… D’altra parte il Crippa ha un’attenuante, perché gli tocca un compito durissimo. Quello di far sapere al popolo italiano ciò che Matteo Salvini pensa ma non ha ancora osato proclamare.
Detto questo, siccome i capi leghisti (e i loro alleati di FdI) sono sicuramente tutti laureati a pieni voti anche all’università del sovranismo e del populismo, è il caso di chiarire ancora una volta alcuni punti: per evitare di abboccare inconsapevolmente all’amo preelettorale dell’allarme-migranti, che in realtà non esiste.
1. Le navi delle Ong determinano una percentuale molto bassa degli arrivi sulle coste italiane – appena il 10,11% nel 2022 – e non sono un fattore di attrazione per i migranti che vogliono raggiungere l’Europa. Come si ricava dai dati forniti dalla Fondazione Openpolis, che ha elaborato quelli del Ministero dell’Interno, 9 migranti su dieci approdano con mezzi autonomi o a bordo di imbarcazioni dello Stato italiano.
2. Come sottolinea l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), non possono essere rispettate le regole varate dal Governo Meloni, che impediscono alle navi delle Ong di aiutare migranti in difficoltà se è stato loro già assegnato un porto (sempre lontanissimo dal Canale di Sicilia, tanto per ostacolarle). Perché quelle norme violano la convenzione Onu sul diritto del mare, la Convenzione internazionale Solas, il Codice di navigazione italiano e l’articolo 10 della Costituzione: affermano l’obbligo di soccorso e di asilo imposto anche dal diritto internazionale. Per giunta, secondo i dati del Viminale, quest’anno – da febbraio 2023 a metà agosto, dopo il varo del decreto contro le Ong – è sbarcato il 50% in più di migranti rispetto al 2022.
3. Si parla di una “emergenza sbarchi” da record nel 2023, benché i numeri la smentiscano: il 27 settembre 2023 ne risultavano 133.331; nulla di inaudito, visto che tra il 2014 e il 2018 ne sono arrivati fino 180.000 l’anno. Meno di un immigrato su tre è musulmano, eppure si sventola la minaccia islamica all’identità nazionale. La maggior parte comunque non resta in Italia.
4. Un recente rapporto dell’Istituto Cattaneo, intitolato Immigrazione in Italia: tra realtà e percezione, sostiene che, per ogni immigrato non comunitario ospitato o residente entro i nostri confini, noi italiani ne “vediamo” (quasi) quattro (è un record nell’Ue); tre di questi sono frutto dell’immaginazione, incentivata dalla paura e dai pregiudizi incentivati da certi media e da certa politica. Così il 73% degli italiani mediamente inventa/percepisce la presenza di più di 15 milioni di stranieri non comunitari, mentre nel 2018, quando l’Istituto Cattaneo ha svolto l’indagine, erano, in realtà, poco più di 4 milioni. Si arrivava a 6 (e qualcosa) sommando anche gli immigrati comunitari. Oggi le cifre sono più o meno le stesse. Per esempio, l’Istat ha rilevato che in Italia al 1° gennaio 2023 gli stranieri erano meno: circa 5,05 milioni. Rispetto alla popolazione italiana sono l’8,6%, di cui circa un quarto cittadini dell’Ue. Sono dati che collocano il Paese al 14esimo posto nell’Unione europea.
5. L’enorme errore di valutazione da parte degli italiani è frutto, secondo l’Osservatorio nazionale sulle politiche sociali Welforum.it, «della formazione dell’opinione pubblica, strettamente collegata alla copertura mediatica e politica dell’argomento. […] Paure e pregiudizi possono indurre i cittadini a ingigantire la portata della questione, disincentivando un approccio basato sui dati e rendendo più difficile una gestione efficace del fenomeno».
6. Dall’Africa sub-sahariana arriva una minoranza. L’80 per cento di tutti i profughi africani si ferma nei Paesi confinanti; non ha come obiettivo l’Europa. Caritas e Fondazione Migrantes, organismi pastorali delle Conferenza episcopale italiana, nel XXXI Rapporto Immigrazione 2022 scrivono che, come negli anni precedenti, fra gli stranieri residenti in Italia prevalgono i rumeni (circa 1.080.000 cittadini, il 20,8% del totale, comunitari), seguiti da albanesi (8,4%), marocchini (8,3%), cinesi (6,4%) e ucraini (4,6%).
7. In Italia abbiamo bisogno di lavoratori stranieri, comunitari e non comunitari. Li chiedono le stesse aziende, spesso invano. Ne hanno bisogno anche i cittadini “doc”, inclusi quelli animati, più o meno consapevolmente, da pulsioni razziste. Perché gli stranieri svolgono lavori che gli italiani spesso snobbano; inclusa l’assistenza garantita a una popolazione autoctona che è sempre più anziana e che fa sempre meno figli.
8. Sono state rese pubbliche le motivazioni di una sentenza definitiva della Cassazione emessa nel maggio 2023. Ha stabilito che gli stranieri “richiedenti asilo” (quelli che lasciano il Paese di residenza, entrano in un altro e lì presentano domanda per poter restare) non sono definibili clandestini. Il termine clandestino, usato anche dal solito Crippa, è giuridicamente inesistente. Secondo i giudici, contiene un giudizio negativo in grado di diffondere odio e discriminazione. Risultato: la Suprema Corte ha respinto il ricorso presentato da un partito, la Lega, condannandola a un risarcimento nei confronti delle associazioni che avevano sollevato il caso (nel 2016, per contestare l’assegnazione di 32 richiedenti asilo a un centro di Saronno, i leghisti avevano esibito cartelli con la scritta «Saronno non vuole i clandestini»).
9. I fallimenti degli accordi assunti, a colpi di finanziamenti o promesse di finanziamenti, dall’attuale Governo italiano con quello tunisino e prima (da parte di altri governi) con le sedicenti autorità libiche dimostrano una cosa: non è possibile affidarsi a regimi autoritari e fragili per fermare i migranti alle loro frontiere, in modo che facciano per noi il “lavoro sporco” (con lager, torture, stupri, stragi). Mentre il fallimento dell’equa redistribuzione dei migranti nell’Ue non è “colpa dell’Europa”, come dicono i nostri partiti sovranisti. Il Parlamento europeo nel novembre 2017 aveva approvato un testo della riforma che prevedeva la cancellazione della norma relativa al “Paese di primo ingresso” ( i migranti devono fare richiesta nel primo Stato europeo in cui mettono piede, come prevede il regolamento di Dublino). La bozza si è arenata soprattutto per l’opposizione dei governi di Paesi come l’Ungheria e la Polonia, alleati del nostro esecutivo. In quel contesto, nel 2018 anche l’Italia – col nuovo Governo M5S-Lega – decise di allinearsi con coloro che rifiutavano la distribuzione.
10. Le attuali norme italiane, sempre più restrittive ma inutili per fermare gli sbarchi, sono una fabbrica di irregolari, chiamati indebitamente “clandestini” tanto per suscitare ulteriore preoccupazione tra la gente. Col risultato voluto: fornire strumenti alla propaganda nazional-razzista, creando la sensazione di insicurezza e la richiesta di misure sempre più repressive.
Insomma in realtà, checché ne dica lo “scienziato internazionale” Crippa, l’Unione europea ha lo spazio, le risorse, i mezzi per gestire l’immigrazione (ha accolto cinque milioni di ucraini, di cui 157.000 in Italia, nel giro di pochi mesi, senza subire traumi); ha anche l’interesse a farlo, per sostenere il proprio sviluppo produttivo ed economico. Frattanto l’ipotetico e auspicabile sostegno allo sviluppo dei Paesi da cui vengono migranti, in modo da fermare le partenze, richiede decenni per poter ottenere risultati. Cosicché l’unica via realisticamente percorribile oggi passa attraverso la solidarietà tra Paesi dell’Ue (quella ostacolata proprio dai regimi europei cari alla nostra destra) e attraverso inclusione, integrazione e formazione di chi si ferma nel nostro Paese.
Si farà? Difficile prevederlo. Purtroppo per il momento, come ha scritto il sociologo delle migrazione Maurizio Ambrosini in un suo recente libro, “il sovranismo ha vinto nelle menti prima ancora di vincere nelle urne: ha cavalcato le preoccupazioni delle persone nei confronti del fenomeno immigrazione costruendo un nemico immaginario”. Dunque, la dichiarazione di guerra alla Germania da parte di Crippa può sembrare una barzelletta, ma se la guardiamo da quest’ultimo punto di vista fa tutt’altro che ridere.