Sarà l’aumento dei salari il fattore che permetterà all’economia tedesca di rialzarsi dopo un anno terribile. È la previsione congiunta dei cinque massimi istituti di ricerca economica della Germania, che stimano una contrazione del Pil dello 0,6% per il 2023 e una ripresa significativa nel 2024 con l’economia tedesca in crescita dell’1,3%. Come ormai noto, l’ex locomotiva d’Europa si è inceppata negli ultimi mesi e le previsioni per l’autunno non sono incoraggianti: il vicepresidente dell’Istituto Leibniz per la ricerca economica di Halle (Iwh), Oliver Holtemoeller, ha dichiarato che “la ragione più importante” della contrazione di quest’anno “è che l’industria e i consumi privati si stanno riprendendo più lentamente di quanto ci aspettassimo in primavera”. Proprio i consumi privati, secondo gli esperti tedeschi, torneranno però a rialzarsi e consentiranno alla Germania di ripartire: il motivo è il ritorno del potere d’acquisto dei consumatori, conseguenza degli aumenti salariali fino a due cifre ottenuti dai sindacati di fronte a un’inflazione galoppante. Ritoccare gli stipendi, quindi, non ha provocato un ulteriore aumento dell’inflazione – che anzi in Germania sta frenando – ma sarà un volano per l’economia.
La previsioni arrivate sul tavolo del cancelliere Olaf Scholz non sono certo una bella notizia per il suo governo, duramente criticato in alcuni passaggi del documento preparato dagli istituti Ifo, DIW, RWI, IfW e IWH. L’economia tedesca è in recessione, la disoccupazione è in aumento e così l’incertezza tra i cittadini e le imprese. E l’esecutivo retto da Spd, Verdi e Fdp ha proposto secondo i ricercatori ricette confuse e contrastanti. Nonostante l’inflazione stia ora rallentando la sua corsa, gli istituti rilevano come il prezzo dell’energia sia ancora troppo alto. Inoltre l’industria della Germania, dipendente dalle esportazioni, paga più di altre una congiuntura negativa. Per questo è prevista una contrazione della produzione anche nel terzo trimestre, cioè tra luglio e ottobre. Accompagnata da una riduzione dei consumi.
Il governo Meloni con ottimismo prevede per il 2023 una crescita del Pil dell’Italia allo 0,8%, all’1,2% nel 2024. La situazione attuale è migliore di quella tedesca. Nel secondo trimestre di quest’anno l’economia italiana però ha subito una flessione, peggiore perfino rispetto alle aspettative iniziali e agli altri principali Paesi Ue, che secondo l’Istat è stata dovuta principalmente al calo della domanda interna. In questo senso, il contributo dei consumi delle famiglie è stato nullo. Proprio i consumi privati, trascinati da una ripresa del potere d’acquisto, sono invece ciò che portano gli istituti economici tedeschi a vedere una speranza all’orizzonte e a fissare entro la fine dell’anno lo stop al periodo di recessione in Germania. Per il prossimo anno la previsione è stata abbassata di appena 0,2 punti percentuali, portandola appunto all’1,3%. “Recentemente, i salari sono aumentati a causa dell’inflazione, i prezzi dell’energia sono diminuiti e gli esportatori hanno trasferito parte dei costi più elevati, così che il potere d’acquisto sta tornando”, si legge nella nota dei 5 istituti. Di conseguenza, è probabile che la recessione si attenui entro la fine del 2023.
La primavera della Germania è stata caratterizzata da una serie di scioperi, anche massici: i sindacati hanno condotto una dura battaglia per ottenere un adeguamento dei salari all’inflazione. Anche il salario minimo tedesco a partire dal primo gennaio 2024 sarà lievemente ritoccato da 12 a 12,41 euro l’ora. Gli effetti si sono visti già tra aprile e giungo: i salari nominali in Germania sono aumentati del 6,6% nel secondo trimestre (dopo un +5,6% tra gennaio e marzo), il tasso più rapido mai registrato negli ultimi 15 anni. In Italia al contrario i salari continuano a rimanere al palo: le proiezioni Ocse prevedono che in Italia i salari nominali aumenteranno solamente del 3,7% nel 2023. Il rapporto Global attractiveness index pubblicato a inizio settembre da The European house Ambrosetti, il think tank che organizza il Forum di Cernobbio, ha spiegato che “agire sulla situazione salariale è dirimente per il futuro” dell’Italia e che solo “dimezzare il gap salariale con la Germania vale quanto due leggi di Bilancio”.