“Quando c’era il reddito di cittadinanza riuscivo almeno a fare la spesa, ma da agosto, quando mi è stato tolto, sono tornata in coda per i pacchi alimentari gratuiti. Senza associazioni come ‘Nonna Roma’ non avrei da mangiare”. Olga (nome di fantasia, ndr) non è l’unica, tra chi ha già perso il sussidio, ora costretta a ricorrere all’aiuto del Banco del mutuo soccorso che nella Capitale supporta ogni mese circa 10mila persone, non soltanto attraverso la distribuzione alimentare, di vestiti e generi di prima necessità. In Italia da 18 anni, ora Olga ne ha 55, è sola, nella platea degli ‘occupabili’ secondo le nuove norme volute dal governo. Ma non sembra volersi fare troppe illusioni: “Per Meloni possiamo lavorare? E chi me lo offre un lavoro a questa età? Facevo pulizie, nelle case vacanze, ma niente contratti regolari. Riuscivo a vivere, poi ho perso il lavoro. E non sono riuscita a ritrovarlo”, spiega. Una storia simile a quelle di tanti altri ex beneficiari, soprattutto nella fascia di età tra 50 e 60 anni, quella per cui si viene considerati “troppo giovani per la pensione e troppo anziani per lavorare”, c’è chi spiega.
Così, tra le prime 200 mila persone che tra fine luglio e fine agosto si sono viste togliere il Reddito, migliaia sono le famiglie che rischiano di finire per strada, come denuncia la stessa Nonna Roma, protagonista insieme a tante altre realtà – dalle Clap (Camere del Lavoro autonomo e precario) ad associazioni come Up – Su la testa! e Basic Income Network Italia, passando per spazi sociali, collettivi, sindacati autonomi e studenteschi – della campagna ribattezzata ‘Ci vuole un Reddito”. Comitati tornati a riunirsi a Roma per un’assemblea nazionale, insieme a un gruppo di ex percettori, per decidere un percorso comune di nuove iniziative e la scrittura di una proposta di legge di iniziativa popolare sul Reddito minimo: “Bisogna invertire la rotta del governo, cercando insieme a chi sta toccando sulla propria pelle gli effetti della perdita del Reddito di tradurre in legge le nostra idea”, spiega Raffaella Casciello, portavoce di Up. “Serve uno strumento che guardi verso un reddito universale“, condivide Mario, tra i comitati che hanno organizzato le mobilitazioni di Napoli.
“Sarebbe utile, così come l’introduzione di un salario minimo per legge, come proposto dalle opposizioni. Non si può lavorare per 4 o 5 euro l’ora“, spiega Luigi, altro ex percettore che da due mesi si trova costretto a tornare a vivere di lavoretti, in nero, o a chiedere aiuto alla famiglia. “Pochi giorni prima del mio 59esimo compleanno ho ricevuto, come altri 169mila nuclei familiari, 12mila a Roma, l’sms che mi annunciava che non mi sarebbe stato più erogato il Reddito. È stata una mazzata, ero riuscito a mettere 100 euro da parte, poi mi hanno aiutato mia mamma, mia sorella. E non è dignitoso alla mia età chiedere a mia madre di 79 anni 20 euro per comprare le scarpe“.
Certo, chi ha perso il reddito perché “occupabile” in base alle regole della riforma, già dal primo settembre può fare domanda per i 350 euro al mese (per un massimo di 12 mesi) del Supporto per la formazione e il lavoro. Ma, al di là della cifra esigua, insufficiente, i passaggi burocratici non sono semplici: “Stiamo dando tutta la mano possibile, ma c’è molta confusione. E stiamo registrando un forte senso di spaesamento“, spiega Pasquale Rosania, responsabile degli sportelli di Nonna Roma. Ma non solo. Perché prima che venga erogato il contributo i passaggi sono diversi, richiedono tempo. Quel tempo che molti ex percettori spesso non hanno, perché, come denunciano i comitati, “nel frattempo ci sono bisogni impellenti e bisogna pur vivere”. Basta ascoltare qualche ex beneficiario per comprendere la disillusione: “Alla nuova piattaforma (Siisl, Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa, ndr) non mi sono ancora iscritto – spiega Ivan, italo-peruviano di 51 anni – , ma lo farò. Mi è stato detto che dovrei frequentare i corsi. Non mi spaventa, anzi: mi piacerebbe fare il pizzaiolo. Ma mi sembra strano. Quale capo mi offrirà un’opportunità a 51 anni, senza alcuna esperienza?“, riflette sarcastico. Olga invece si è già presentata in un centro di assistenza fiscale, per chiedere supporto, ma ammette: “Non ci ho capito nulla…”. “Nessuno vigila o controlla la coerenza delle offerte, spesso sono per periodi limitati. Questa è la fine del controllo pubblico”, si denuncia nel corso dell’Assemblea.
Già il Fatto aveva raccontato l’esclusione dei Centri per l’impiego dalla nuova piattaforma Siisl, alla quale i cosiddetti occupabili devono iscriversi per ottenere i 350 euro, compilando e caricando il proprio curriculum e scegliendo le agenzie per il lavoro o gli enti di formazione dai quali essere contattati per un impiego o un corso professionale. Scelte nelle quali prima gli stessi Cpi accompagnavano i beneficiari del Reddito e che al contrario gli ‘occupabili’ dell’era Meloni dovranno fare senza qualcuno che possa aiutarli ad orientarsi. “La teoria del governo sugli occupabili è già esplosa. La distanza dal mercato del lavoro è spesso impossibile da colmare. Non ha alcun senso parlare poi di formazione senza un rapporto con gli operatori delle politiche attive. Si tratta soltanto di una foglia di fico per coprire un risparmio sulla pelle degli ultimi“, attacca Tiziano Trobia, coordinatore delle Clap.
“A Napoli chi non percepisce più il Reddito sta per strada o già tornando tra le fila della criminalità organizzata e dell’illegalità diffusa, in una città con un tasso di disoccupazione giovanile di oltre il 50%”, attacca Mario, rappresentante dei Comitati di difesa ed estensione del reddito partenopei. “In Spagna ti danno il Reddito anche se trovi lavoro, in Germania lo hanno aumentato, soltanto in Italia c’è stato un accanimento contro i poveri. E di tutte le cose che ha promesso, l’abolizione del Rdc è l’unica che ha portato a termine”, si lamenta invece Maurizio, 60enne e ancora percettore, che spera da gennaio di poter prendere il futuro
Assegno di inclusione che dal 2024 sostituirà il Reddito.
Per tanti altri, invece, non restano che i corsi. O arrangiarsi per vivere. “Faccio assistenza domiciliare notturna a una signora che soffre di Alzheimer, 30 euro a notte, 240 mensili, ovviamente in nero. Che devo fare?”, alza le braccia, sconsolato. “Mi affido a Dio, e alla lotta, sempre”, sorride invece Ivan. Le associazioni invece annunciano ancora battaglia, a partire da una nuova grande mobilitazione a Napoli, da organizzare in autunno : “Non soltanto la legge di iniziativa popolare. Ci saremo in occasione di ogni sciopero generale che le organizzazioni sindacali convocheranno. Il governo ci attacca, non resteremo a guardare“.