Ho visto lo spot di Esselunga che sta facendo molto discutere. È bello, emozionante. Fa tenerezza la bambina che porge la pesca al papà dicendogli che gliela manda la mamma. Nello spot si capisce che i genitori sono separati, ma soprattutto che è una separazione non serena, che tra i due ex la comunicazione non è buona.

Stringe il cuore pensare quale peso e quali responsabilità un bambino si assume nei confronti dei suoi genitori: quello di aprire uno spiraglio di comunicazione, di riavvicinarli. Cercano di farlo i figli di genitori separati come anche i figli di genitori che rimangono insieme e non sanno più comunicare. Lo fanno i figli di genitori che sono in conflitto, separati o meno che siano. Spesso i figli cercano di mediare, di compensare le inefficienze genitoriali, di riavvicinarli, intervenendo direttamente con un gesto, come nello spot, oppure attraverso un sintomo che, riorientando coercitivamente l’attenzione, distoglie dal conflitto.

Non sono felici in generale, i bambini di genitori che soffrono e che nella sofferenza non riescono più a svolgere il loro ruolo. Più che l’infelicità della bambina, sottolineerei l’aspetto costruttivo del suo gesto: la bambina prova a fare qualcosa di utile, dando il suo contributo recupera un senso di controllo sulle cose.

Chi legge in questo spot solo uno stigma per i separati secondo me generalizza e banalizza e forse riflette più un vissuto personale. Chi è separato si sente probabilmente molto più colpevolizzato dagli spot della famiglia felice in cui non si può riconoscere più, che da uno spot come questo che mette in scena una realtà ormai molto diffusa.
Chi invece afferma che l’obiettivo dello spot è la spesa vista con gli occhi di una bambina, forse non è del tutto onesto psicologicamente, oppure non conosce la psicologia.

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