Sabato 11 settembre scorso, l’uragano Daniel ha colpito la Libia causando inondazioni e il crollo di due dighe lungo il fiume Wadi nella città di Derna. I morti stimati sono 20000 e circa 30000 gli sfollati. Il ciclone in particolare ha colpito le città costiere di Bengasi e Jabal al-Akdar con venti che hanno sfiorato i 180 km/h. Nelle città di Al Badya e di Sharat si contano più di 20 morti, 7 persone sono morte nella città di Susa. Nella zona di Derna sono caduti in poche ore 400 mm di pioggia, la stessa quantità di precipitazioni che di solito si registrano in due anni. Sulla città di Derna, in seguito al crollo delle dighe, si sono riversati in un colpo solo 33 milioni di metri cubi di acqua.
Derna è stata distrutta con interi quartieri scomparsi, morti seppelliti in fosse comuni, strade impraticabili e rischio di epidemie come il colera a causa dell’acqua stagnante. Un quarto della città è stato letteralmente spazzato via dall’onda anomala causata dal crollo delle dighe. Il resto della città è rimasto per giorni sepolto sotto 3 metri di acqua. I costi stimati per la ricostruzione ammontano a miliardi di dollari e la produzione agricola, concentrata principalmente nelle zone attraversate dal fiume Wadi che sono state quelle più colpite dalla catastrofe, è messa a rischio con un pericolo concreto di una conseguente crisi alimentare.
L’uragano Daniel non è stato un normale ciclone mediterraneo ma è stato così potente e distruttivo a causa delle temperature insolitamente alte delle acque del Mediterraneo (28°, come le acque tropicali). Gli scienziati della World Weather Attribution hanno calcolato che un evento come Daniel è stato reso il 50% più probabile e il 50% più forte dal cambiamento climatico. Daniel non è un caso isolato. Il numero di tempeste tropicali che hanno preso potenza fino a trasformarsi in uragani è triplicato negli ultimi 30 anni e le tempeste più forti mai registrate sono avvenute tutte dopo il 2013. l’IPCC prevede entro il 2050 un aumento della quantità di precipitazioni che accompagnano i cicloni tropicali e un aumento dei cicloni più intensi (categorie 4 e 5).
Il Mediterraneo è un hotspot climatico, ovvero un punto della Terra dove la temperatura aumenta più velocemente della media, quindi questi effetti sono e saranno ancora più evidenti. I cicloni tropicali che si sviluppano nel mar Mediterraneo sono chiamati Medicane, dalla fusione delle parole inglesi MEDIterranean hurriCANE. Da quando sono disponibili le immagini satellitari che permettono di registrarli (1969) al 2022 si sono registrati 22 Medicane tutti nel periodo tra settembre e dicembre. Tra gennaio e marzo 2023, tuttavia, sono stati rilevati ben 3 Medicane e questo sviluppo insolito dipende dal fatto che si è appena usciti da un 2022 eccezionalmente caldo.
Ma questa non è la sola faccia della medaglia. Le dighe di Al-Bilad e Abu Mansour sono state progettate negli anni 70 tenendo in considerazione il livello di precipitazioni registrato in quel periodo, senza considerare un evento della potenza di Daniel, e questo ha favorito il loro crollo. Questo problema accomuna gran parte delle infrastrutture costruite a livello globale, pensate per un mondo in cui la temperatura media era di 1,2° inferiore a quella attuale.
Se non si agisce subito per azzerare le emissioni di gas serra e bloccare il riscaldamento globale milioni di persone saranno a rischio e potrebbero subire anche loro quello che è avvenuto nella città di Derna. Gli impegni presi a tal proposito a livello internazionale sono assolutamente insufficienti e nessuno Stato sta facendo abbastanza per garantire a noi e alle future generazioni un futuro climatico stabile. Per questo l’invito di Extinction Rebellion è quello di unirsi al movimento per una lotta civile nonviolenta. L’obiettivo è di costringere i governi a dire la verità alla cittadinanza sulla crisi eco-climatica, ad agire subito con misure urgenti e risolutive per azzerare le emissioni e coinvolgere i cittadini nella transizione energetica ed ecologica attraverso le assemblee dei cittadini.