Confesso: non avevo visto lo spot. Sono andato a vederlo. Si presta ad interpretazioni che possono differire in base alle esperienze personali. Io, che faccio lo psicoterapeuta e ho seguito molti casi di separazione e analizzato giovani adulti che mi hanno parlato della loro esperienza infantile di figli separati, vi do la mia.
Nella prima parte della pubblicità emerge la distanza fra padre e madre. Il padre non entra in casa a prendere la figlia ma la attende sul marciapiede, non si parlano per fare un passaggio di informazioni. Si può pensare a una classica coppia in cui “sono volati gli stracci”. Si può immaginare che durante la separazione, stimolati da avvocati famelici che vogliono vincere costi quel che costi, ci si è attaccati per i soldi o per la gestione della bambina. Si sono dette e fatte cose che non si sarebbero dovute fare e che ora lasciano macerie emotive. Perché prima di andare dall’avvocato non si è andati dallo psicologo?
Nella seconda parte il gesto della figlia di attribuire un dono alla madre per il padre, la pesca, appare come una bugia a fin di bene per tentare, nell’ingenuità infantile, di farli riconciliare. Emerge la sofferenza della bimba che vorrebbe i genitori dialoganti. Si badi bene: non uniti in coppia, ma dialoganti e ben disposti vicendevolmente. Spesso mi sono imbattuto in figli che, ricordando gli anni della separazione dei genitori, erano contenti che finalmente avessero preso atto di non stare bene in coppia. Sempre però desideravano che non si “scannassero” e che mantenessero un atteggiamento di condivisione di un progetto genitoriale. I figli, a differenza di quello che si dice, non vogliono che i genitori siano una coppia, ma vogliono che non soffrano e che parlino fra loro. A loro non frega nulla del fatto che siano in due case diverse o non abbiano vita sessuale insieme. Interessa che comunichino emotivamente e siano, ognuno per il proprio ruolo, in grado di condividere una strategia per educare il figlio.
Io, per deformazione professionale, ho letto anche il senso di colpa della bambina. Molti diranno: senso di colpa per cosa? Ebbene sì! I figli di quell’età, che hanno intelligenza come i grandi ma non hanno esperienza emotiva, pensano molto spesso che è colpa loro se i genitori si sono separati e continuano a soffrire. Se fossi stato un bravo figlio non sarebbe successo! Se fossi capace di intervenire si calmerebbero, non alzerebbero la voce, starebbero tranquilli. Se non fossi nato sarebbero più felici! Ognuno dei due ritornato single senza bisogno di vedere forzatamente chi lo ha ferito con tradimenti, gesta o frasi inopportune. “Se io, figlio, non ci fossi loro sarebbero più felici. Devo provare a rimediare, è un mio compito!” Questo è quello che, in base alla mia esperienza, pensa la bambina. Offre una cosa comprata al supermercato, buona, e la attribuisce, con una bugia, alla mamma per tentare di ammansire il padre. Questi si rende conto della sofferenza della figlia e chissà che non riesca a fare una telefonata per rompere il ghiaccio…
Non so se lo spot sarà efficace ai fini delle vendite. Di solito le pubblicità mostrano la vita dal lato bello, famiglie felici, auto che viaggiano fra due file di cipressi in una strada senza traffico. Mostrare la sofferenza, anche se mitigata da un frutto, si presume buono, acquistato in quel supermercato chissà se induce ad andarci. Certo colpisce perché offre un paradigma diverso in cui si mette a nudo in poco spazio il dramma di tanti bimbi che “si sentono in colpa di essere al mondo” e sognano di essere tanto buoni, bravi e belli da lenire la sofferenza dei genitori.
Può darsi che le mie fantasie siano eccessive? Ci sono probabilmente altre possibili interpretazioni. I lettori di questo post cosa vedono e soprattutto cosa provano?