Ufficialmente sta valutando il testo del Patto asilo e immigrazione che ha incassato l’appoggio della Germania. In realtà Giorgia Meloni sta cercando di capire come uscire dall’angolo, in Europa ma anche in Italia, dove l’alleato Matteo Salvini ha messo la freccia e minaccia il sorpasso a destra in vista delle elezioni europee. Tanto che a Bruxelles si ipotizza addirittura un accordo a maggioranza qualificata senza l’ok dell’Italia che rimarrebbe in compagnia di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, da sempre contrari al Patto e a qualunque forma di solidarietà tra Paesi membri sul tema migranti. I numeri ci sono, ma altri Stati potrebbero astenersi per non far tornare i conti, come spiega al Fatto una fonte Ue. Col rischio che a fine legislatura l’Unione sia ancora priva di una politica comune sull’immigrazione.

Dentro la Germania, fuori l’Italia. Il ministro degli Interni Matteo Piantedosi ha lasciato in anticipo il Consiglio Affari Interni del 28 settembre a Bruxelles. Ufficialmente per incontrare a Palermo i suoi omologhi libico e tunisino. In realtà perché il sostegno tedesco ha costretto la presidenza spagnola dell’Ue a modificare il testo del cosiddetto regolamento crisi sul quale Berlino si era astenuta chiedendo maggiori garanzie sulle tutele dei migranti. Tra le novità anche un articolo che obbliga a non considerare le operazioni di aiuto umanitario delle ong come strumentalizzazione dei migranti quando non c’è l’obiettivo di destabilizzare l’Unione o uno degli Stati membri. Tanto sarebbe bastato indispettire Piantedosi che non ha dato spiegazioni nemmeno alla stampa a margine del Consiglio. “Stanno limando il testo”, è quanto assicura il suo staff al fattoquotidiano.it. Nel frattempo a Berlino, in una conferenza stampa congiunta con la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, si consumava la tragedia di Antonio Tajani. Il nostro vicepremier ha tentato, senza riuscirci, di ribattere alla gratitudine della ministra che ha pubblicamente ringraziato l’Italia e le sue autorità per aver soccorso e salvato il 95% dei migranti nel Mediterraneo. Mentre, ha precisato Baerbock, le ong, comprese quelle finanziate dalla Germania, “ne salvano il 5%”.

Impacciato a Berlino, Tajani si rifà con un’intervista a Repubblica in cui rilancia addirittura il complotto dietro alla presenza sospetta delle navi umanitarie, alcune battenti bandiera tedesca, proprio “nel giorno in cui si avanza una proposta” al Consiglio Ue sul Patto asilo e immigrazione. “È una coincidenza? Cosa c’è dietro? C’è un interesse elettorale (tedesco, ndr)? Di altro tipo?”, domanda incredulo prima di aggiungere, mutuando la suggestione salviniana, che diverso sarebbe se i migranti raccolti da una nave ong portassero i migranti “nel paese di cui battono bandiera”. Al netto delle persone arrivate in Italia senza una missione di soccorso in mare, che nei primi sette mesi del 2023 sono state 24mila, quelle salvate e sbarcate dalle autorità italiane sono state 64mila e quelle scese dalle navi delle ong 3.777, il 4,24%. Su questo dato si infrange la propaganda di Salvini, ma anche il tentativo di Tajani, e di Meloni, di arginare o almeno di rincorrere la narrazione leghista. A costo di rimangiarsi le promesse al collega Francese Emmanuel Macron e a quello tedesco Olaf Scholz di lavorare assieme per una soluzione europea? Gli stessi propositi che l’Italia porta in dote al vertice Med9 i corso a Malta, cui partecipa insieme a Spagna, Francia, Grecia, Cipro, la stessa Malta, Slovenia, Croazia e Portogallo. Arrivando a La Valletta, il premier portoghese, il socialista Antonio Costa, ha detto che il governo italiano “ha cambiato un po’ posizione, avvicinandosi alla nostra e a quella europea”. Senza dimenticare il rinnovato appoggio di Meloni alla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen che corre per la riconferma tra un memorandum con Tunisi e una visita a Lampedusa.

Insomma, se l’Italia rischia di far saltare il Patto Ue, visti i tempi stretti della legislatura, è perché il problema di Meloni è la destra. Quella di Salvini che in prima persona plaude al lavoro “fondamentale di Meloni e Tajani a livello internazionale” e poi lascia che il suo braccio destro, il vicesegretario leghista Andrea Crippa, spari a palle incatenate contro la Germania che “80 anni fa destabilizzava gli altri Stati con l’esercito e adesso lo fa finanziando l’immigrazione clandestina“. Un velatissimo paragone tra il governo del socialdemocratico Scholz e il Terzo Reich. “Noi non urliamo, non lavoriamo solo sugli slogan”, si smarca Tajani ragionando dell’alleato. Ma in Europa accusano il colpo, perché la Polonia rilancia la contrarietà al Patto Ue: “Non risponde a tutte le domande che ci sono poste dal fenomeno”, ha detto il suo ministro degli Interni Bartosz Grodecki. Il governo polacco è l’alleato di maggior peso tra i conservatori europei, senza contare poi che l’amico di Meloni, il premier ungherese Viktor Orban, parla addirittura di “idea folle” con cui Bruxelles vuole imporre l’arrivo dei migranti. Così le ong dei 3.700 sbarchi sul totale di 133mila totali da inizio anno potrebbero diventare la scusa per non rinunciare al cavallo di battaglia del contrasto all’immigrazione in campagna elettorale europea, dove Salvini promette di dare spettacolo al fianco dell’ultradestra di Le Pen e Afd.

Il Patto Ue va approvato entro febbraio, il tempo potrebbe non bastare e quello che l’Italia si sta prendendo per “valutare” complica le cose. Per questo a Bruxelles non si esclude l’ipotesi di un’approvazione a maggioranza qualificata, che oltre a Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca lasci fuori anche l’Italia. Se gli altri votano a favore, il doppio requisito del 55% dei Paesi e del 65% della popolazione sarebbe rispettato. Una soluzione eviterebbe a Meloni di benedire un Patto sbloccato dai socialdemocratici tedeschi e mediato dal governo socialista spagnolo. Quasi si trattasse del patto degli “amici delle ong”, cosa che non è vista la spinta all’esternalizzazione delle frontiere, alle procedure accelerate e i rischi di comprimere i diritti dei richiedenti, come denunciato dai tanti parlamentari europei che hanno infatti proposto un testo più attento alle tutele ma anche più oneroso sul fronte della condivisione dell’accoglienza nei Paesi Ue. Ma i dettagli non entreranno nella campagna elettorale e smarcarsi può evitare problemi con gli alleati conservatori e impedire a Salvini di guadagnare spazio. Una possibilità, ma non l’unica, spiegano ancora fonti Ue. Altri Paesi europei potrebbero infatti decidere di astenersi. Non a caso, tra la fuga di Piantedosi e gli strali ungheresi, la Danimarca ha fatto capire di mantenere una posizione interlocutoria. “Il testo di giugno era molto bilanciato e tanti Paesi hanno serie preoccupazioni sul flusso di migranti”, ha detto il ministro dell’Immigrazione e Integrazione danese Kaare Dubvad Bek a margine del Consiglio. “Non abbiamo bisogno di andare verso ulteriori aperture nel testo, spingere verso una direzione ancora più aperta potrebbe creare problemi”. Uno in particolare? Un’altra legislatura che si conclude senza che l’Unione europea sia riuscita a dotarsi di una normativa comune sull’immigrazione.

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