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Confindustria vede nero. Il costo del credito affossa consumi e investimenti. Tutti gli indicatori in negativo

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Le famiglie italiane che hanno debiti a tasso variabile pagheranno quest’anno alle banche 4,6 miliardi di euro in più a causa del marcato e veloce aumento del costo del denaro. Lo calcola il Centro Studi Confindustria nella congiuntura flash evidenziando come l’aumento dei tassi è di +2,84 punti percentuali fino a luglio 2023, che pesano su uno stock di mutui di 425 miliardi di euro, di cui però vanno considerati solo quelli a tasso variabile, stimati al 38% del totale (162 miliardi). Al momento, continua il Csc, il maggiore onere connesso all’aumento degli interessi è abbastanza concentrato, perché riguarda solo le famiglie che hanno comprato casa con un mutuo variabile, una quota che è stimata pari al 4,9% delle famiglie italiane (1,2 milioni, su 25,6 totali). Queste famigli subiscono un aggravio medio delle rate quantificabile in 3.683 euro l’anno (307 euro al mese).

Anche questa dinamica, scrivono gli economisti di Confindustria contribuisce ad avvicinare il paese ad una recessione. “Dopo la caduta nel 2° trimestre, il Pil italiano infatti è stimato debole anche nel 3° e le attese sul 4° non sono migliori: al calo di industria e costruzioni si affianca la battuta d’arresto nei servizi. E non si fermano i rialzi dei tassi Bce mentre il credito è in caduta assieme alla liquidità e il costo dell’energia torna a salire”, con contraccolpi sui consumi e gli investimenti. Latita la domanda estera”, si legge nell’analisi.

Federal Reserve americana e Banca centrale europea ora dovrebbero fermarsi e un primo ribasso dei tassi potrebbe concretizzarsi nel 2024. Tuttavia la situazione creditizia si sta deteriorando. Il costo del credito per le imprese ha raggiunto il 5,09% e i prestiti sono scesi del 4%. Una quota crescente di imprese non ottiene credito (8,2% a settembre), denuncia il Csc: “la domanda è frenata da condizioni troppo onerose ma pesano anche i più rigidi criteri di accesso. Perciò, la liquidità delle imprese si sta prosciugando (-10,1% in un anno i depositi), mentre aumentano i ritardi nei pagamenti e il deterioramento dei vecchi prestiti”. Non meglio la situazione nei servizi che ha “esaurito la ripresa”, spiega il Centro Studi. “A settembre, la fiducia delle imprese del settore è scesa ancora. Non basta più il buon andamento del turismo: a luglio, +10,0% sul 2022 la spesa degli stranieri in Italia (+20,4% sul 2019) e anche i passeggeri in aeroporto si mantengono oltre i volumi pre-crisi (+3,7%)”.

L’industria è in sofferenza “A luglio la produzione ha subito una nuova caduta (-0,7%; da inizio anno -1,9%), dopo il recupero di maggio-giugno (+0,2% acquisito nel 3° trimestre). La flessione è concentrata tra i beni di consumo durevoli (-4,4% a luglio)”, annota ancora viale dell’Astronomia che ricorda come al miglioramento di agosto abbia fatto però riscontro a settembre una nuova caduta della fiducia delle imprese. “Anche nel settore edile forte calo a luglio (-1,6%, -4,3% da inizio anno) e in agosto una timida risalita del fatturato”.
Giù infine la domanda interna. “Il calo degli investimenti nel 2° trimestre (-1,8%) è dovuto alle costruzioni (-3,6%) e, in parte, agli impianti-macchinari (-0,2%). I segnali più recenti dai beni strumentali sono negativi: produzione in calo a luglio, meno fiducia a settembre. Per i consumi, fermi nel 2° trimestre, si è avuto un continuo calo del sentiment nel 3°. Confindustria indica anche come, “dopo mesi di crescita, a luglio si sia registrata la prima incertezza nel mercato del lavoro” che si è tradotto in 73mila occupati in meno: “un freno ai redditi” spiega. In calo anche l’export sia nei mercati Ue che in quelli extra-Ue: “alla debolezza delle vendite in Germania, si è aggiunta una battuta d’arresto di quelle negli Stati Uniti”, conclude Congiuntura flash.

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