Cauti festeggiamenti e basso profilo. È un atteggiamento insolito quello con cui domenica 1 ottobre la Cina ha celebrato i 74 anni dalla fondazione della Repubblica popolare, reduce da un 2023 dove rallentamento dell’economia, crisi immobiliare e i recenti turbamenti ai vertici del Partito comunista cinese con la scomparsa di figure apicali tra cui l’ex ministro degli Esteri, Qin Gang, e il ministro della Difesa, Li Shangfu, hanno portato diversi analisti e commentatori a mettere in discussione la stabilità della seconda potenza globale.
A tentare di dissipare ogni dubbio sullo status della leadership di Pechino è stato lo stesso presidente cinese, Xi Jinping, che in un discorso rivolto a 800 ospiti cinesi e stranieri riuniti presso la Grande sala del Popolo per inaugurare la settimana che ha dato il via ai festeggiamenti per l’anniversario della Repubblica, la cosiddetta “Golden week”, ha affermato che “il futuro è radioso ma la strada non sarà spianata”. Esponendosi in un discorso che solitamente è appannaggio del primo ministro, il presidente cinese al suo terzo (straordinario) mandato ha invitato il Paese a “lavorare con unità” per raggiungere prosperità e ringiovanimento della nazione.
La Cina ha quindi festeggiato la più nazionalista delle ricorrenze con un semplice alzabandiera in piazza Tiananmen, cercando di lasciarsi alle spalle il bilancio di un anno complesso. “È stato un anno problematico per la Cina. Continuare ad avere notizie sulla scomparsa e rimozione dei ministri è stato dannoso per Pechino non solo sul fronte diplomatico, ma anche su quello interno”, racconta a Ilfattoquotidiano.it Lorenzo Termine, docente all’università degli Studi internazionali di Roma ed esperto di strategia militare cinese.
Il riferimento è a quanto accaduto nel dipartimento della Difesa di Pechino. Oltre alla presunta inchiesta sul ministro Li Shangfu, negli scorsi mesi diversi ufficiali dell’Esercito legati ai dipartimenti missilistici e nucleari sono stati rimossi come parte di una campagna anticorruzione nel settore. “Sono stati sostituiti con generali non provenienti dalla forza missilistica”, spiega Termine. “Un fatto assolutamente inedito che disincentiva la specializzazione delle carriere militari”, con conseguenze sulla stabilità intera dell’Esercito.
Anche sulle capacità militari di Pechino, Termine invita a ridimensionare le aspettative. “La Cina nel 2023 in termini di capacità militare ha fatto progressi nel raggiungere la triade strategica, ovvero la capacità di lanciare missili balistici da terra, via mare e bombe a gravità dei bombardieri strategici. Su questo fronte è di quest’anno la notizia che Pechino oggi sarebbe in grado di sviluppare un sottomarino lancia missili balistici a propulsione nucleare funzionante e silenzioso”, spiega Termine. Ma ancora non basta. “L’avanzamento in termini relativi agli Stati Uniti rimane trascurabile. Rispetto allo scenario operativo più pressante, quello cioè nei confronti di Taiwan, la Cina non ha avuto un progresso così schiacciante e le capacità militari di Washington in un caso di confronto nella zona rimangono superiori”.
Il prendere tempo senza sfarzose dimostrazioni di forza sarebbe funzionale quindi ad attendere tempi migliori. In questo senso, anche le speculazioni su una possibile invasione di Taiwan, che Pechino considera parte del proprio territorio, dovranno attendere. “Trovo inverosimile un’invasione entro il 2027”, afferma Termine. L’orizzonte temporale scelto dal Pcc è quello dei cento anni dalla fondazione dell’Esercito popolare di liberazione (Epl), termine entro il quale la modernizzazione dell’Esercito dovrà essere completata. “Non sarà una questione di mancanza di volontà politica, ma di capacità militari effettive. Con gli Stati Uniti che rafforzano la loro presenza in Asia aumenta il potere di deterrenza per un conflitto effettivo”, spiega Termine. “Anche per questo nell’ultimo report sui lavori di Xi si torna a dare priorità a una ‘riunificazione pacifica’, le capacità dei sottomarini d’attacco e di operazioni anfibie per raggiungere l’altra sponda dello Stretto non equivalgono allo stato attuale quelle degli Usa”.
L’impressione generale è che il grande timoniere stia serrando i ranghi per non dover invertire la rotta sui piani a lungo termine del Partito, ricorrendo alla retorica per calmare gli animi. “La fiducia è più preziosa dell’oro”, ha ribadito Xi nel suo discorso per i festeggiamenti della Repubblica, cercando di rassicurare i cittadini cinesi e le loro tasche bucate da un quadro economico che la Banca centrale cinese ritiene essere causata da “un ambiente esterno diventato complesso e rigido”.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Secondo Termine, la situazione di difficoltà che sta attraversando la Cina potrebbe facilitare i rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, scongiurando un ulteriore inasprimento delle tensioni sul palcoscenico globale. “Ci sono segnali che gli incontri avvenuti tra ufficiali di alto livello di entrambe le parti, da ultimo quello tra il consigliere per la Sicurezza Usa, Jake Sullivan e il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, a Malta, porteranno al tanto agognato bilaterale tra Xi Jinping e Joe Biden previsto il prossimo novembre, con un approccio che sia dirimente e collaborativo, nello spirito dell’incontro del G20 di Bali dello scorso anno”. I rapporti Cina-Usa nel 2023 sono cominciati con la diatriba del presunto pallone spia cinese rivenuto in territorio statunitense e con un fuoco di accuse incrociato su diversi temi. Ciò nonostante, conclude l’accademico, “riuscire a sciogliere la tensione con la Cina entro la fine dell’anno sarà una priorità per Biden, che in preparazione alla campagna elettorale dovrà portare a casa qualche successo in politica estera, considerato che sul fronte russo non ci sono ancora soluzioni definitive”.