L’ex premier contrario all’invio di aiuti a Kiev, Robert Fico, ha vinto le elezioni parlamentari in Slovacchia. Contrariamente ai primi exit-poll e alle previsioni iniziali, i socialdemocratici nazionalisti (Smer-sd) dopo lo spoglio di quasi il 99% dei distretti elettorali, hanno ottenuto il 23,3% dei voti, battendo i principali avversari, i centristi filo Ue del Ps (Partito Progressista) guidati da Michal Simecka, fermi al 18%.
I risultati definitivi sono attesi in mattinata, ma la presidente della Repubblica, Zuzana Caputova, ha già dichiarato che affiderà la formazione del prossimo governo al leader del partito vincitore, indipendentemente dalle sue “preferenze personali” come ex membro del Ps.
Il voto in questo Paese da 5,4 milioni di abitanti membro dell’Ue e della Nato era considerato decisivo per sapere se la Slovacchia resterà sulla sua strada filo-occidentale o si rivolgerà maggiormente alla Russia. Già durante la campagna elettorale Fico aveva promesso un cambio di passo, a partire dalla sospensione degli aiuti, in particolare quelli militari, alla vicina Ucraina, promettendo di impedirne anche l’adesione alla Nato. L’ex premier aveva anche duramente attaccato Ue e Nato, opponendosi a qualsiasi ulteriore invio di armi a Kiev. Al contrario il liberale europeista, Simecka, sperava che “qualsiasi governo uscirà dalle elezioni continui a supportare l’Ucraina”.
Cosa accadrà – Dato il sistema proporzionale, ora per il socialdemocratico si apre la strada delle coalizioni. Peter Pellegrini, la cui Hlas-Sd è arrivata terza con il 15% si è già congratulato con Fico e si è offerto come partner per i colloqui di coalizione. “Sarà logico che Fico sia il primo a rivolgersi al nostro partito per negoziare un governo”, ha detto Pellegrini ai giornalisti. Ma Fico potrebbe guardare anche al Partito Nazionale Slovacco, anche questo entrato in Parlamento. L’ex premier, infatti, dovrebbe conquistare 42 dei 150 seggi presenti nel Consiglio nazionale e avrà quindi bisogno di partner di coalizione per ottenere la maggioranza.
Simecka ha però dichiarato che gli darà filo da torcere e che l‘obiettivo adesso è impedire che lo Smer-sd formi la coalizione governativa. “Abbiamo ottenuto il 18% dei voti, i voti di mezzo milione di slovacchi. Siamo il secondo più forte partito nel Consiglio nazionale – ha detto parlando alla tv slovacca Ta3 – Rispettiamo la vittoria, ma è una cattiva notizia per il Paese e peggiore sarebbe se Fico riuscisse a formare il governo. Il nostro obiettivo è che questo non accada”.
A congratularsi con il partito Smer, invece, è stata la presidente Caputova che in una breve dichiarazione ha anche avvertito Fico che ora ha “la responsabilità maggiore” del futuro politico del Paese: “Ora è importante che soddisfi le aspettative degli elettori per il bene di tutti noi, per il bene della Slovacchia”, ha detto la presidente in una dichiarazione all’agenzia ceca Ctk del suo portavoce Martin Strizinec.
Chi è l’ex premier – Ex comunista, Fico non ha mai nascosto le proprie simpatie per la Russia e per Vladimir Putin, sostenendo apertamente l’invasione dell'”Ucraina fascista”. Questo per lui sarà il quarto mandato, dopo un passato decisamente più europeista e meno radicale. Una rinascita dalle ceneri vera e propria dopo la “cacciata” nel 2018 quando, dopo l’omicidio del giornalista d’inchiesta Jan Kuciak e della sua fidanzata e le proteste di decine di migliaia di persone, Fico fu costretto a dimettersi.
Al di là del suo passato pro-Europa, tanto da portare la Slovacchia nel cuore dell’Ue, oggi Fico è un politico diverso. Nel corso della campagna elettorale, infatti, non solo ha attaccato Bruxelles, criticando l’Ue per le sanzioni anti-Russia, rifiutando di inviare “anche solo un proiettile” in Ucraina, ma ha anche criticato la Nato, attaccato la minoranza Lgbtq e definito la presidente Caupotva un “agente di Soros”.
Le analisi – Secondo gli analisti, un governo formato da lui potrebbe cambiare radicalmente la politica estera del Paese, avvicinandola a quella del premier ungherese Viktor Orban che però ha internamente un sostegno maggiore rispetto a quello di Fico. Per l’analista slovacco Tomas Koziak, intervistato dall’Afp, comunque Fico è “un nuovo alleato di Orban”. Della stessa idea anche il collega indipendente Grigorij Meseznikov che, sempre parlando all’Afp, ha sottolineato: “Sta diffondendo narrative filo-russe e (…) questa è una cosa seria. Non sarà facile mettere in atto la sua minaccia, ma ci proverà, e allora saremo più vicini all’Ungheria”.
“La campagna anti-Ucraina di Fico ha messo in allarme Bruxelles e Washington. Ma qualsiasi tentativo di Fico di cambiare rotta in politica estera potrebbe essere fortemente limitato dalla necessità di accontentare i partner della coalizione, a differenza di Orbán in Ungheria, il cui partito gode di una maggioranza parlamentare e che si distingue come il più chiaro sostenitore della Russia all’interno dell’Ue”, aveva avvertito questa settimana il Financial Times. A ostacolare Fico potrebbero esserci anche alcuni suoi sostenitori, potenti uomini d’affari che, secondo il senior fellow del German Council on Foreign Relations, non condividono il suo programma sull’Ucraina, volendo “partecipare alla ricostruzione” del Paese.
Proprio Orban è stato tra i primi a complimentarsi con Fico per la vittoria, confermando la linea dell’ex premier slovacco: “Indovina chi è tornato! Congratulazioni a Robert Fico per la sua indiscutibile vittoria alle elezioni parlamentari slovacche. È sempre bello lavorare insieme a un patriota. Non vedo l’ora!”, ha scritto su twitter il premier ungherese.
Il voto – All’origine delle elezioni anticipate erano le discordie tra l’Olano di Igor Matovic e il capo del partito liberale Libertà e Solidarietà (Sas) dell’economista Richard Sulík, che lo scorso anno hanno portato all’uscita di Sas dalla coalizione governativa. Il gabinetto dell’allora collega di partito di Matovic, Eduard Heger, ha perso la maggioranza in Parlamento ed è stato successivamente sfiduciato. I deputati hanno poi deciso di indire elezioni anticipate. A maggio di quest’anno, il governo di Heger è stato sostituito da un governo dei tecnici guidato dall’economista Ludovit Odor.
Oltre ai risultati, ha sorpreso anche l’affluenza alle urne che ha raggiunto il 67,4%: la percentuale più alta dal 2002.