di Paolo Gallo
A corredo di tutto quello che in questo Paese non funziona e continua a non funzionare, cala l’asso nella manica l’Inps – che con un comunicato delle ultime ore se ne tira però fuori – con un suo dossier sul calcolo delle pensioni future.
In sostanza lo studio indicherebbe di abbassare l’importo della pensione in base – ancora – all’aspettativa di vita. Questa volta, però, con una marcia in più, una sorta di upgrade 5.0: più campi e meno ti do. Le simulazioni vengono anche spiegate ed esemplificate, e se un uomo vive di più tra Umbria e Marche, per una donna la previsione di posticipare il più possibile l’appuntamento con la propria dipartita è in Trentino Alto Adige. Si prendono poi in considerazione l’ultimo lavoro svolto e il territorio di provenienza, nonché lo stato di salute e il reddito percepito.
Una sorta di calderone – non la Ministra, lei è con la C maiuscola – un minestrone di ipotesi, un embrione di idee che dovrà essere solo cestinato. Le variabili incidenti sono troppo oscillanti, non univoche e rischierebbero di portare alla luce un’iniquità – l’ennesima – di cui di certo questo Paese non ha bisogno. La riforma delle pensioni è cosa seria e far quadrare le risorse lo è ancor di più. Ma sperare di vivere meno per avere una pensione più alta – quanto più alta, poi? – non sembra l’augurio più elegante da proporre al neo pensionato.
Entra così in gioco la questione di chi garantirà le pensioni delle attuali giovani generazioni. E se la previdenza complementare è per molti ancora un tema del ‘ci penso poi’, garantire un’ultima fase dell’esistenza terrena decente è uno dei principali doveri di uno Stato. Stato che, a fronte di una forte denatalità interna, con tutte le conseguenze del caso sul tema, dovrebbe cogliere il lato positivo della questione migrazione. Garantire flussi legali e regolari del fenomeno, investire sulla formazione di queste risorse e inserirle nel mondo del lavoro – lo chiedono a gran voce tutti gli imprenditori perché “gli italiani ormai non fanno più certi mestieri”. E ai migranti serve una nuova prospettiva di vita, una seconda possibilità. Perché non è una colpa essere nati nella parte sbagliata del mondo.
Se non si fanno più figli, come possiamo pensare di garantire a quei pochi che ci saranno una vecchiaia serena? Il tema è talmente vasto che le soluzioni per garantire un sistema stabile, efficace, solido e strutturale nel futuro necessita dell’impegno e dell’ingente capacità di chi dovrà metterci prima o poi seriamente il naso. Io nel frattempo cerco casa tra Todi e Marsciano…