Dopo settimane di scontro parlamentare è arrivato, in extremis, l’accordo che all’ultimo eviterà il cosiddetto shutdown della politica statunitense, ovvero il blocco della attività amministrative causato dalla mancanza di un accordo sulla legge di bilancio. Un compromesso trovato fra repubblicani moderati e democratici salverà quindi milioni di cittadini statunitensi dalla mancanza di uno stipendio ma, sull’altare dello stesso accordo, viene sacrificato l’ormai consueto aiuto finanziario al popolo ucraino. Sono rimasti infatti fuori dai termini dell’accordo i 6,2 miliardi di dollari che l’amministrazione Biden aveva chiesto al Congresso per il sostegno a Kiev.
In seguito ad una lunga giornata di trattative, che hanno coinvolto soprattutto internamente il partito repubblicano, alla fine è stata messa al voto una legge in grado di tamponare l’emergenza e dare altri 45 giorni di tempo al parlamento per arrivare ad un accordo sul budget senza che si blocchino di conseguenza le attività amministrative. La misura, approvata solo da 91 deputati repubblicani alla Camera e quasi dalla loro unanimità al Senato, consentirà alle casse delle agenzie federali di continuare a ricevere fondi almeno fino a metà ottobre e prevede inoltre 16 miliardi di dollari per la gestione di emergenze e ricostruzioni, Ma cancella gli aiuta all’Ucraina. “La Russia ha sbagliato ma sugli aiuti a Kiev dobbiamo individuare un piano, una strategia. E la Casa Bianca deve condividerlo con noi”, ha commentato lo speaker repubblicano della Camera Kevin McCarthy, che fin dal suo insediamento ha ripetutamente accusato Biden di “staccare assegni in bianco” al presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Prima di questo voto, il sostegno a Kiev era per i democratici un tassello fondamentale, una delle ragioni per cui la precedente legge tampone era stata bocciata a larga maggioranza da entrambi i partiti. Qualcosa però è cambiato ed è possibile che l’intervento del presidente abbia mutato l’orientamento di deputati e senatori del suo partito. Nonostante le forti critiche rese pubbliche, fonti dell’amministrazione hanno rivelato che la Casa bianca considera l’accordo raggiunto la migliore misura possibile viste le circostanze, poiché “mantiene aperto il governo federale, prevede aiuti in caso di calamità e non contempla forti tagli ai programmi dell’amministrazione”. La preoccupazione che la prolungata mancanza di aiuti a Kiev possa compromettere fortemente l’andamento della guerra però è presente in ambienti dell’amministrazione Usa. Venerdì sera, alla vigilia del voto, il sottosegretario alla Difesa, Michael McCord, ha inviato una lettera al leader della minoranza dem alla Camera, Hakeem Jeffries, mettendo in guardia sul fatto che “il Dipartimento ha esaurito quasi tutti i finanziamenti disponibili per l’assistenza alla sicurezza per l’Ucraina”.
La scelta dei democratici è stata anche favorita da delle pressioni politiche di tipo elettorale. Dal momento che la campagna per le presidenziali si avvicina sempre di più, mettersi contro 1,5 milioni di impiegati federali e oltre due milioni di soldati che rischiavano di rimanere senza stipendio per inviare fondi all’Ucraina, avrebbe potuto compromettere forti fette di consenso. Sul sostegno a Kiev è intervenuto anche lo stesso presidente Joe Biden che, in una nota diramata dopo l’approvazione del disegno di legge che ha evitato lo shutdown, ha dichiarato di aspettarsi che “il sostegno all’Ucraina continui e che lo speaker della Camera mantenga il suo impegno nei confronti del popolo ucraino”, aggiungendo poi che “maggioranze bipartisan alla Camera e al Senato hanno votato per mantenere aperto il governo, prevenendo una crisi inutile che avrebbe inflitto dolore inutile a milioni di lavoratori americani”.
Una importante spaccatura potrebbe essersi aperta anche nel fronte repubblicano e, nonostante lo speaker dimostri sicurezza e si sia accreditato a livello nazionale come un politico responsabile in grado di preferire il bene pubblico agli interessi di partito, non è chiaro come potranno comportarsi d’ora in avanti i 21 ribelli della fazione trumpiana dei MAGA, che non gli perdoneranno di aver preferito l’accordo con gli avversari alla distruzione completa come richiesto dal leader Donald Trump.