Giulio Zavatteri era un ragazzo di Palermo, un adolescente con la passione per il disegno e il rap che frequentava il liceo classico. Era il 15 settembre del 2022 quando suo padre, Francesco, lo ha trovato raggomitolato accanto al letto: ucciso a 19 anni da un’overdose di crack. “Chiamavo Giulio, Giulio…ma lui non rispondeva”, racconterà il genitore. Giulio è solo una delle vittime che si moltiplicano ogni giorno nel capoluogo siciliano, dove negli ultimi anni il crack si è imposto sul mercato delle droghe. “La situazione è fuori controllo, coinvolge ragazzi sempre più giovani. Il crack è una sostanza di cui conosciamo pochissimo, che viene assunta sempre insieme ad altre, soprattutto oppiacei. E a mancare è un adeguato sistema di prevenzione, che senza una legge quadro regionale è impossibile da sostenere”, racconta Francesco Montagnani di Sos Ballarò.

“Sta sostituendo marijuana e hashish” – Venduto anche a dosi da cinque euro nei vicoli attorno allo storico quartiere di Ballarò, a Palermo il crack sta sostituendo lentamente il consumo di marijuana e hashish. E infatti girando per il centro storico è sempre più facile imbattersi in ragazzi, spesso giovanissimi, che ne fanno uso. Le associazioni del quartiere, riunite dall’assemblea pubblica Sos Ballarò, denunciano da tempo quello che accade nel rione: grazie a una sinergia col comune e con l’Asp già nel 2017 è stata attivata un’unità mobile, un camper, per fare prevenzione e informazione. Parallelamente è nato il primo gruppo di aiuto composto da ex consumatori: si chiama Awakening, cioè “risveglio” ed è attivo una volta a settimana al circolo Arci Porco Rosso. Il problema è che con l’esplosione della pandemia l’unità mobile si è fermata e il consumo di crack è cresciuto violentemente in tutta la città. Con effetti devastanti.

Si è abbassata l’età media di chi si fa- Il craving da crack, infatti, è una delle più tremende crisi d’astinenza: il bisogno di assumere la sostanza diventa impellente, incontrastabile, tanto da influenzare ogni singolo attimo e aspetto della vita. Chi si trova in questa situazione ha la tachicardia, le mani che sudano, il corpo preso da tremori e vertigini. Si sente angosciato e irrequieto, è in balia dell’ansia, non riesce a dormire. È questa la nuova pandemia che si sta diffondendo silenziosamente a Palermo: il consumo di crack è esploso e parallelamente sono aumentati pure i casi di microcriminalità. Furti e scippi per comprarsi una dose. Ragazzi sempre più giovani, dato che nel frattempo l’età dei consumatori si è abbassata: nel 2017 le stime dell’Asp raccontavano di giovani tossici che cominciavano a farsi tra i 16 e 26 anni. Una forbice che oggi, secondo le associazioni, è diminuita addirittura fino ai 12 anni: a Palermo a farsi di crack stanno cominciando anche i ragazzini delle medie. In netto aumento anche il numero effettivo di consumatori, anche se i dati ufficiali – basati sui numeri di chi accede al Servizio per le Dipendenze patologiche – sono molto inferiori a quelli reali: la maggior parte di chi si fa di crack, infatti, vive nascosto tra case abbandonate e vicoli bui. “Lo spaccio ormai è h24. Ho visto persone di ogni età e di ogni estrazione sociale, prima erano soprattutto italiani adesso anche stranieri”, racconta un quarantenne che abita Ballarò. “La settimana scorsa – aggiunge – mi veniva da piangere a vedere una ragazza incinta completamente fatta. Di notte c’è chi si prostituisce in cambio di dosi: il crack li mostrifica in pochissimo tempo, diventano degli zombie“.

L’obiettivo: fare approvare una legge – Dopo la fine della pandemia Sos Ballarò ha cercato di far ripartire il contrasto allo spaccio e all’uso di crack, coinvolgendo anche l’Università di Palermo. È proprio grazie ad alcuni docenti che si sta battendo un strada fondamentale: quella dell’istituzione di una rete regionale di contrasto alle dipendenze. L’obiettivo è quello di colmare un vuoto normativo. “In Sicilia, manca una legge quadro sulle dipendenze patologiche e non c’è nemmeno un’articolazione normativa regionale dei Livelli essenziali d’assistenza (Lea) in materia di dipendenze”, dice Clelia Bartoli, docente del corso di Deontologia, sociologia e critica del diritto all’Università di Palermo che, insieme a un gruppo di studenti. ha coordinato il lavoro di redazione partecipativa di una proposta normativa. “Dalla dipendenza all’interdipendenza” è il titolo del disegno di legge popolare che prevede la creazione di un sistema integrato e diffuso di prevenzione, trattamento, riduzione del danno e inclusione sociale in materia di dipendenze patologiche: l’obiettivo è farlo approvare dall’Assemblea regionale siciliana entro la fine dell’anno. La mancanza di una norma sulle dipendenze patologiche, infatti, si è tradotta finora in una profonda carenza di fondi, personale e servizi. Basti pensare che a Palermo il personale medico dei Serd (il Servizio per le Dipendenze patologiche) è composto solo da cinque persone a fronte di un’utenza di circa 2000 pazienti. Numeri che richiederebbero l’impiego di almeno cento medici, secondo le proporzioni stabilite dalla legge. Non va meglio nel resto della Regione: a Catania gli operatori sono addirittura diminuiti. Oggi sono solo un quarto rispetto a quelli attivi vent’anni fa, quando l’emergenza era rappresentata dall’eroina.

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